A proposito di spesa corrente e spesa d'investimenti
Con riferimento alla segnalazione di Rita Pastore del 19 agosto in merito all’aumento della spesa corrente delle Regioni, volevo richiamare l’attenzione allo studio effettuato nel 2011 da Piero Giarda, successivamente Ministro con delega all’attuazione del programma nel governo Monti, che prendeva in esame la dinamica e le componenti della spesa pubblica nel periodo dal 1951 al 2008 [Giarda P., 2011. “Dinamica, struttura e governo della spesa pubblica: un rapporto preliminare”, Quaderni dell’Istituto di Economia e Finanza N. 104 settembre. Milano: Università Cattolica del Sacro Cuore].
Lo studio mostra come in tale periodo si sia osservata la crescita crescente del ruolo delle amministrazioni periferiche nella gestione della spesa pubblica, con una quota relativa cresciuta dal 18% del 1951 al 31,6% del 2008, quale risultato di una varietà di fattori, tra cui l’attuazione dell’ordinamento regionale fissato dalla Costituzione e la progressiva delega di compiti e funzioni di gestione di spesa dallo Stato alle Regioni, province e comuni.
Sotto il profilo della spesa corrente, come è noto, l’evento di maggiore rilievo è stato il trasferimento alle Regioni della competenza in materia di tutela della salute, che fino al 1978 era interamente a carico dello stato e degli enti di previdenza. Questo è peraltro avvenuto in un contesto di aumento complessivo della spesa sanitaria, la cui incidenza sulla spesa pubblica è cresciuta dal 32,3 al 37,4% in meno di un ventennio, tra il 1990 e il 2008.
L'aumento della spesa a livello locale è stato tuttavia negli anni trainato da tutte le tipologie di consumo, con l’unica eccezione delle pensioni e prestazioni sociali. Anche gli investimenti sono cresciuti sensibilmente nel periodo considerato da Piero Giarda, con l’incidenza di quelli finanziati a livello locale che hanno raggiunto il 76,5% nel 2008, oltre i ¾ del totale.
Tuttavia, successivamente a tale periodo, l’effetto congiunto dell’inasprimento del Patto di Stabilità Interno, i cui nuovi criteri per il triennio 2012-2014 sono stati definiti con la legge di stabilità 2012 n. 183 del 12 novembre 2011, e dei crescenti tagli di trasferimenti, si è “scaricato” soprattutto sulla spesa per investimenti, i quali hanno registrato una fortissima riduzione, ma non sulle spese correnti, soprattutto quella delle Regioni richiamata da Rita Pastore.
Secondo una ricerca di Dexia Crediop, nei Comuni di dimensione superiore ai 15mila abitanti la spesa per investimenti si era peraltro già ridotta di quasi i 2/3 (-58%) tra il 2005 e il 2010, quando la spesa corrente aveva continuato a crescere a tassi di oltre il 3% all’anno. Il trend è ppoi roseguito nel periodo successivo, con l’ANCI che quantifica la riduzione degli investimenti da parte dei Comuni in circa il 28% tra il 2007 e il 2012 (circa 4 miliardi di euro), mentre assai meno rilevante è stata la riduzione, che pure c’è stata, in termini di spesa corrente, pari circa al 2,5% [ANCI, 2013. I conti dei Comuni. Conferenza stampa del Presidente Piero Fassino, 14 novembre, Roma]. Questa si peraltro è concretizzata soprattutto nei tagli dei fondi per la spesa sociale, come rivelano i dati per la spesa pubblica sociale disponibili presso la Camera dei Deputati [Camera dei Deputati, 2013. Fondi per le Politiche Sociali. Documentazione di Inizio Legislatura, Roma].
Riduzione degli investimenti e calo della spesa corrente con funzioni “sociali”, in un contesto di mantenimento inerziale della spesa pubblica “improduttiva”: questo lo scenario (non ideale) di spesa sui quali è chiamato a incidere il processo di spending review perchè la revisione della spesa, anzichè essere sommatoria di meri tagli lineari, porti almeno in parte ad una prioritarizzazione della spesa per favorire il ritorno alla crescita della paese e la conservazione delle necessarie funzioni sociali.