NEI PICCOLI COMUNI ANCORA RESISTENZE A INNOVAZIONE

letto 5526 voltepubblicato il 16/12/2008 - 19:26 nel blog di domenico pennone, in Partecipazione , Barcamp "InnovatoriPA"

I segretari comunali usano internet e il pc come normale strumento di lavoro e si dichiarano disponibili alla piena sostituibilità del cartaceo con il digitale, ma restano perplessi riguardo la conservazione sostitutiva dei dati.
E' quanto emerge dalla Ricerca Lem - Livelli minimi di e-government negli Enti Locali, condotta dalla scuola superiore della pubblica amministrazione locale (Sspal) e presentata oggi a Roma.
Il rapporto - attraverso la distribuzione di questionari a 169 segretari di Comuni con popolazione fino a 15 mila abitanti - ha l'obiettivo di evidenziare il livello di innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione.
Nonostante l'uso del pc sia ormai diffuso nelle amministrazioni locali, secondo la ricerca Sspal la competenza informatica è stata acquisita da parte dei segretari soprattutto attraverso autoformazione (96%): solo il 27% dichiara infatti di aver partecipato a corsi di formazione organizzati da enti o istituzioni mentre il 12% è ricorso all'offerta di privati.
Non da sottovalutare anche il dato relativo alle funzioni utilizzate della rete internet: il 70% del campione naviga più volte al giorno ma l'uso riguarda prevalentemente la posta elettronica (96%), la consultazione di siti istituzionali (89%) e di database normativi (85%). Stenta invece a decollare l'utilizzo dell'intranet comunale (41%). Ben l'87% del campione si dichiara favorevole alla piena sostituibilità di alcune procedure tradizionali con procedure digitalizzate; ma, rispetto alla conservazione sostitutiva, solo il 33% si dice convinto della sua reale attuabilità.Ancora una volta la dirigenza pubblica mostra tutta la sua difficoltà nell'accettare i processi di innovazione come naturale percorso di riforma e riorganizzazione della PA.

18 commenti

profilo vuoto

profilo vuoto22/12/2008 - 18:45
...in una dimensione di maggiore chiarezza rispetto ai dati che abbiamo presentato, distribuito e che qui trovo con piacere commentati ed oggetto di molti spunti di discussione. Semplicemente perché non vorrei che, corretti i ragionamenti (i vostri), ad essere fuori tiro siano le premesse (le nostre, cioé i dati che state commentando). E perché la discussione possa essere invece proficua e magari operativa. Vado per punti. 1) L'indagine ed il suo campione: come esposto nel corso del Seminario dello scorso 16 dicembre, la Ricerca che abbiamo intitolato "LEM - Livelli Minimi di e-Government negli Enti Locali" non si basa su di un campione statistico ma è un approfondimento su di un campione di Segretari Comunali, tra quelli che hanno partecipato ai corsi di specializzazione della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale (SSPAL) per il ciclo 2008. I corsi di specializzazione rappresentano, per i Segretari, un momento di "passaggio", per conseguire la qualifica ad esercitare il ruolo presso Comuni di dimensioni maggiori (fino ai Comuni capoluogo di Provincia) rispetto a quelli in cui si trovano - e si sono trovati quindi al momento della rilevazione effettuata attraverso il Questionario LEM 2008. L'obiettivo, quindi, è stato quello di rappresentare le dimensioni dell'indagine (tutte quelle che trovate dichiarate nei diversi spazi che sono stati dedicati alla iniziativa) innanzitutto rispetto a questo ruolo professionale e rispetto al suo potenziale di "agente di innovazione" (esattamente nella accezione di Richard Normann). La Ricerca vuole quindi evidenziare se e come questo ruolo possa essere svolto dalla figura del Segretario Comunale considerando anche, per il campione esaminato, il momento contestuale dell'avanzamento di carriera. Una ricerca, quindi, calata essenzialmente sul ruolo del Segretario ed in particolare su quei Segretari che affrontavano il corso di specializzazione Non abbiamo preso, al momento, in considerazione dal punto di vista operativo della Ricerca gli altri profili della Dirigenza od altri profili professionali caratteristici dell'organizzazione della PA locale, perché abbiamo ritenuto utile concentrarci espressamente sulla figura del Segretario, che anche alla luce del rinnovato Titolo V nella riforma degli Enti Locali, con la separazione delle funzioni di indirizzo e di gestione, può essere definita in termini di interfaccia strategica tra il livello politico ed il livello "tecnico" nella PA locale. Ascoltare "la voce" dei Segretari su questi temi, quindi, ci è sembrato quindi parimenti strategico per capire se e come (e su cosa) possano essere implementate politiche di innovazione locale. Tutto il portato, o se volete le conseguenze, di quanto abbiamo provato ad evidenziare attraverso questa prima fase della Ricerca si riflette evidentemente su più fronti, anche quelli di cui leggo in questo dibattito, e che saranno certamente passibili di ulteriori approfondimenti, posto che la Ricerca LEM non si conclude qui e che potrà appunto aprirsi, proprio alla luce di questi primi risultati, anche ad altri interlocutori/profili professionali degli Enti Locali. 2) Asimmetrie aritmetiche Vedo giustamente esprimervi in modo perplesso circa alcuni numeri, in particolare quelli sulla formazione (che evidentmente hanno attirato l'attenzione indipendentemente dalla apparente aporia delle percentuali): bene, il dato si spiega con il fatto che per quella domanda (così come per tutte quelle dove potete ritrovare la stessa, apparente, difformità nella somma delle percentuali) è a risposta multipla. A chi ha risposto che l'apprendimento su quei temi è avvenuto principalmente per "autoformazione", si affianca il dato sulla partecipazione a corsi istituzionali ovvero all'acquisto di corsi di formazione sul mercato. In altre parole, è possibile che all'autoformazione si siano affiancate o esperienze di formazione presso altri Enti o nell'ambito di programmi istituzionali e/o esperienze di formazione acquistata sul mercato. Tutto questo è stato opportunamente illustrato nel corso del Seminario del 16 dicembre, e mancando la sintesi che abbiamo distribuito - a mero supporto della discussione del seminario, e che in ogni caso potete trovare qui: http://doc.sspal.it/bitstream/10120/719/1/executive_summary_LEM.pdf - di una nota metodologica e/o esplicativa delle rappresentazioni, capisco che queste abbiano potuto creare qualche perplessità. Ciononostante, mi sembra che non si sposti il centro dell'attenzione: in ogni caso il 96% del campione dei Segretari intervistati dichiara di avere acquisito le attuali competenze in autoformazione (diciamo pure secondo percorsi non strutturati), e che se a questo 96% pure si affianca un 27% di partecipazione a programmi istituzionali e/o un 12% di "mercato", resta un elemento significativo di valutazione e di discussione (altro sarebbe stato, in termini di valutazioni da fare, se - mettiamo - gli intervistati avessero dichiarato omogeneamente il 96% in autoformazione, il 96% in percorsi istituzionali e il 96% sul mercato: avrebbe voluto significare che non c'è differenza rispetto alla "sensibilità", ovvero alla capacità, di cogliere l'offerta ed affiancarla a momenti di autoformazione). 3) Diffusione dei dati Come ricordavo poc'anzi, il quadro di sintesi che stiamo commentando come una ideale propaggine dell'incontro del 16 dicembre è semplicemente un supporto informativo; terremo aggiornati tutti gli interessati, che ovviamente ringraziamo per l'interesse che ci dimostrate nei confronti della Ricerca, sui tempi di produzione e diffusione della pubblicazione finale della Ricerca, che non mancherà di recepire ogni utile spunto di riflessione "multicanale", per restare in tema. Ovviamente resto in attesa, con altrettanto piacere ed interesse, di commenti ed eventuali ulteriori richieste di chiarimento. Un saluto (ed Auguri, di Buon Natale visto che ci siamo e di Buon Lavoro, che vale sempre) a tutti. Gianluca Passaro
Marco Roberto Spadavecchia

Marco Roberto Spadavecchia22/12/2008 - 10:10
Salve a tutti. Ho realizzato da poco questa iscrizione al sito innovatori P.A., dando da subito un occhiata ai forum che ho ritenuto piu' interessanti. Il titolo di Domenico Pennone intitolato "NEI PICCOLI COMUNI ANCORA RESISTENZE A INNOVAZIONE" mi e' rimasto impresso diventando cosi' fonte di svariati spunti per quanto concerne l'argomento "formazione". Ho anche dato un occhiata ad alcuni dei vostri profili constatando, per alcuni di voi, esperienza nell'ambito dell'"open source". A tal proposito pongo agli interessati un quesito che esula un po' dai contenuti in oggetto.Il mio quesito e' il seguente: come mai in Italia sussistono ancora tante resistenze, da parte delle amministrazioni pubbliche, nell'utilizzo di software open source? Mi sembra chiaro che il rapporto costi/benefici sia nettamente favorevole nello scegliere in tale direzione anche in virtu' di esempi evidenti a noi vicini (vedi ad esempio i "cugini francesi" dove abbiamo una percentuale clamorosa nell'utilizzo diqueste risorse gratuite all'interno dellla P.A.) E' possibile che le amministrazioni spesso siano cosi' ingessate nelle loro decisioni da non poter cogliere quanto si possa in realta' risparmire? Marco Spadavecchia
Marcello Testi

Marcello Testi22/12/2008 - 10:45
A me sembra che uno dei principali problemi sia l'immobilismo a livello di decisori e di tecnici, unito al fatto che forse i reparti IT avrebbero bisogno di una pesante riorganizzazione e alleggerimento, non so se del personale, sicuramente delle procedure. Ho assistito con i miei occhi e le mie orecchie all'incredibile richiesta di 62€+IVA a un utente di una postazione in una grande PA locale per installare (anzi, per aggiornare, e da remoto) Firefox. La richiesta proveniva dall'ente che si occupa dell'infrastruttura IT della PA e che ha ovviamente un contratto di manutenzione con la PA in questione. D'altra parte, nella stessa PA, ci sono ancora decine di macchine con Windows 2000 e nelle nuove installazioni viene messo XP con Internet Explorer 6! Allo stesso tempo, non mi risulta esserci una policy sugli aggiornamenti di sicurezza, dato che tutte le volte che mi siedo a una postazione trovo il "fumetto" che richiede di aggiornare... E' inutile, d'altronde, nascondersi che il cambio di software dei costi ce li ha eccome, almeno nel breve periodo, anche in assenza di costi di licenza. Chiaramente, un orizzonte un po' meno ristretto non potrebbe non accorgersi dei vantaggi nel lungo periodo. Leggevo qualche tempo fa, su un sito USA, alcuni articoli sulla cosiddetta "IT consumerization", cioè sul fatto che la gestione delle postazioni di lavoro stia progressivamente passando di mano dai reparti IT agli utenti finali. Non credo che l'Italia e la sua PA saranno in prima fila riguardo questa tendenza.
Mario Fabiani

Mario Fabiani22/12/2008 - 11:27
Al contrario, in certe realtà si va esattamente nella direzione opposta. Sono circa due anni che nei nostri uffici (Ministero Comunicazioni, ora Sviluppo economico...) la gestione dell'IT è stata data in mano ad un consorzio di privati. Tutto questo nonostante ci fosse in alcune realtà locali uno staff IT che faceva funzionare le cose egregiamente. Il risultato è che (oltre l'ovvio aumento dei costi) la gestione delle postazioni di lavoro è totalmente centralizzata e pochissimo è lasciato all'autonomia degli utenti. E i tempi medi di risoluzione dei problemi sono decisamente aumentati. Qualche giorno fa uno dei PC è stato infettato da un virus, e la soluzione proposta dall'help desk è stata quella di mandare un tecnico per la reinstallazione del sistema operativo (!), operazione fuori dal contratto di manutenzione, e perciò a pagamento, soggetta a specifica autorizzazione da parte di Roma! E nel frattempo, impiegato impossibilitato a lavorare, rischi di propagazione del virus in rete, ecc. ecc. Per ritornare al tema dell'open source, noi abbiamo realizzato soluzioni di telecontrollo di apparecchiature remote facendo uso quasi esclusivamente di questo tipo di software (causa anche mancanza di fondi...), e ora dobbiamo continuamente lottare per mantenere questa autonomia di gestione e l'uso dei nostri applicativi, giacchè per il regolamento interno di uso delle risorse informatiche non saremmo nemmeno autorizzati a scaricare file eseguibili, figuriamoci a installarli e farli funzionare... La strada da fare è ancora lunga...
Flavia Marzano

Flavia Marzano22/12/2008 - 10:19
I motivi alle resistenze sono tanti e te li elenco in ordine sparso (a seconda di con chi parli e di dove sei l'ordine potrebbe cambiare): - ignoranza (nel senso che ignorano l'esistenza di soluzioni open source) - pregiudizi (il sw open non garantisce: sicurezza, manutenzione, qualità,...) - potere delle lobby contro l'open source - "amicizia" di chi compra sw proprietario con chi lo vende - abitudine - poca attitudine al cambiamento - mancanza di "awareness" politica (che potrebbe dare indicazioni più forti) Siamo perduti? No, dobbiamo solo continuare la nostra strada, lento pede, ma ci arriveremo! :-)
Marco Roberto Spadavecchia

Marco Roberto Spadavecchia22/12/2008 - 10:35
Avevo intuito motivazioni del genere anche se da quelle da te elencate mi inqueta decisamente di piu' la prima, vale a dire quella in cui fai riferimento all'ignoranza, visto che delle altre probabilmente se ne e' fatto ricorso in modo sistematico ed abituale. P.S. allo stato attuale ho gia' qualche capello bianco...spero non si debba attendere che la mia capigliatura diventi completamente bianca prima di poter vedere risultati "prevalenti" in questo senso. :-) Marco Spadavecchia
Flavia Marzano

Flavia Marzano22/12/2008 - 10:42
Te lo auguro di cuore ma non garantisco che i tuoi figli vedranno una pubblica amministrazione prevalentemente open :-( Bisogna lavorare, tanto, ancora davvero tanto con: - i politici che danno indirizzi - i dirigenti che alla fine decidono - gli utenti che devono chiedere a gran voce accessibilità e uso di sw aperti e documenti aperti - le imprese che devono capire il nuovo modello di business - ...
Gianluigi Cogo

Gianluigi Cogo18/12/2008 - 14:54
Non volevo smentirmi perchè, per chi non mi conosce, io vivo e partecipo da Kandahar :-), per cui butto lì un commento poco costruttivo. Per farla breve, stamani, arrivo davanti al portone della mia sede di lavoro e trovo un avviso appiccicato con lo scotch: "Corso di Excel e Outlook, terzo piano". Di primo acchito pensavo di aver sbagliato strada ed ero convinto di essere arrivato davanti al portone dell'Università per la terza età. Poi mi son dato un pizzicotto e in effetti ero proprio davanti alla mia sede di lavoro.
Carlo  Verdino

Carlo Verdino18/12/2008 - 13:09
Cari amici lieto di conoscere i dati dell'indagine. Pongo solo tre domande: 1) Il campione esaminato. I comuni afflitti dal digital divide (sono migliaia) sono stati presi in considerazione? Credo che in questo caso i dati sarebbero molto discordanti, pertanto sarebbero molto utili solo i dati disaggregati. 2) La navigazione sui siti. Se il 60% delle immagini del proxy dell'Università di Napoli dedicato all'uso dei docenti ed impiegati(tanto per citare chi fa media) è composto da immagini porno, mi chiedo: ma almeno una mezz'ora al giorno la dedicano a facebook o youtube? hanno paura di Brunetta? 3) Autoformazione dei dipendenti: ad oltre 20 anni dall'informatizzazione di massa, credo che dovrebbe essere invertito l'onere della prova. Dovrebbero essere i dipendenti a dichiarare di non essere in grado di usare il computer oppure dimostrare di saperlo fare. Nel caso non sia così si potrebbero destinare ad altro incarico. Tra l'altro non riesco più a pensare ad un incarico di concetto che possa fare a meno dell'utilizzo del computer, ergo chi non lo sa usare è inutile ad un'organizzazione pubblica. Si ha il coraggio di dirlo, e di essere conseguenti? Se come tutti pensiamo siamo passati dal cavallo all'automobile, perchè chi non ha la patente guida gli autobus? Come saprete la maggior parte dei consulenti tecnici assunti dai comuni per i software di contabilità in realtà fanno input dati al posto dei dipendenti alla folle cifra di 700 Euro al giorno cadauno per contratti pluriennali, ma dato che risultano insabbiati nelle gare d'appalto di fornitura non risulta a nessuno. Magari se fossero assunti costerebbero la ventesima parte. Volessimo avviare un'indagine in questo senso? Ps. Scusate ma la matematica.... "autoformazione (96%): solo il 27% dichiara infatti di aver partecipato a corsi di formazione organizzati da enti o istituzioni mentre il 12% è ricorso all'offerta di privati" 27+12=39% di persone che NON si sono autoformate. Anche pensando solo al 27% ... 100-27=73% come fanno ad arrivare al 96?
domenico pennone

domenico pennone18/12/2008 - 21:12
Solo per precisare che conti non li ho fatti io. Erano in un comunicato stampa ufficiale. domenico mimmo pennone
Marcello Testi

Marcello Testi18/12/2008 - 16:07
Ps. Scusate ma la matematica.... "autoformazione (96%): solo il 27% dichiara infatti di aver partecipato a corsi di formazione organizzati da enti o istituzioni mentre il 12% è ricorso all'offerta di privati" 27+12=39% di persone che NON si sono autoformate. Anche pensando solo al 27% ... 100-27=73% come fanno ad arrivare al 96?
Potrebbe trattarsi di un indicatore della qualità della formazione... Io comunque resto dubbioso anche sui risultati dell'autoformazione e soprattutto sull'indefinitezza del termine.
Antonino Bambina

Antonino Bambina18/12/2008 - 12:31
Buongiorno. Il successo di un progetto di informatizzazione nella PA dipende in generale non tanto dal grado di competenza informatica del segretario e/o dei dirigenti, ma piuttosto dal fatto che questi realmente credano al progetto e che si impegnino a volerlo realizzare. Sicuramente inoltre entrano in gioco anche i politici, che, specialmente negli Enti Locali, possono dare impulso o insabbiare i progetti informatici. Spesso una competenza informatica, anche come utilizzatore, può favorire la propensione all'innovazione, ma non è certamente sufficiente. Ed è altrettanto vero che difficilmente può mettersi a sistema una formazione informatica per i "vecchi" dirigenti, a meno di una forte volontà politica, condizione ancora più difficile. Vi ricordate che la norma obbligava l'uso del protocollo informatico a partire dal 1^ gennaio 2004? E quanti sono stati gli enti ad osservare la norma? Solo una obbligo sanzionatorio, come mi sembra preveda un nuovo disegno di legge, può essere efficace. Spesso un progetto di innovazione, avviato magari fra mille difficoltà, viene abbandonato dalla nuova amministrazione che subentra alla precedente, perchè quest'ultima vuole perseguire obiettivi diversi con priorità diverse, se non addirittura per dimostrare che le cose fatte dalla precedente erano destinate al fallimento. Abbiamo da lavorare tanto! non tanto sulle tecnologie, quanto invece sul piano culturale e organizzativo. Gradirei le vostre opinioni.
Flavia Marzano

Flavia Marzano18/12/2008 - 01:04
Condivido tutti i tuoi punti Marieva, ma non ho capito la connessione tra i punti medesimi e la profonda ignoranza normativa che citi prima. Forse dovremmo formare anche i politici?
domenico pennone

domenico pennone17/12/2008 - 20:25
Lavoro nella PA e per la PA da cosi tanto tempo che posso tranquillamente affermare che sicuramente la cosiddetta auto-formazione rappresenta l'unico o quasi unico strumento di formazione dei dirigenti. Non è un problema organizzativo, ne un problema di risorse, ma semplicemente una questione culturale. Sono sicuro che Marras e gli altri amici del formez possono confermare. I dirigenti semplicemente si rifiutano di fare formazione e preferiscono aggiornarsi da soli. Tranne quando gli serve qualche attestatino per la carriera. domenico mimmo pennone
profilo vuoto

profilo vuoto17/12/2008 - 15:41
"Ancora una volta la dirigenza pubblica mostra tutta la sua difficoltà nell'accettare i processi di innovazione come naturale percorso di riforma e riorganizzazione della PA." Non so se queste parole con cui si conclude il tuo articolo rappresentano una tua personale riflessione o al contrario la conclusione della ricerca Lem, sta di fatto che mi sembrano comunque ingenerose. Anche perchè le % esposte denotano invece un buon livello di diffusione di strumento tecnologico (ICT), della rete internet e della posta elettronica. Stiamo parlando di piccoli comuni, dove penso possibile per alcuni di tali enti la mancanza di una rete intranet. Spiegabile pure che solo il 33% dichiari attuabile la conservazione sostitutiva, stante l'assenza negli enti più piccoli di servizi CED o comunque di sistemi efficienti per il salvataggio e l'archiviazione digitale dei dati. E' sicuramente una distanza da colmare in fretta, compatibilmente con le risorse dispponibili (umane e finanziarie). La cosa invece che mi ha colpito negativamente, e su cui mi piacerebbe sentire l'opinione tua e del gruppo, riguarda il fatto che dalla ricerca risulta che la competenza informatica sia stata acquisita da parte dei segretari attraverso autoformazione per il 96%. E' quasi il totale del campione. Merito ovviamente ai dirigenti autoformatisi. Mi chiedo se ciò sia normale, o se non denoti una scarsa consapevolezza da parte degli enti e del sistema PA in genere sulla direzione di marcia e posizionamento strategico verso cui tendere. Chiarezza di obiettivi da raggiungere perchè siano programmate azioni di formazione coerenti ed efficaci. Saluti Ernesto Barocci
Marcello Testi

Marcello Testi17/12/2008 - 19:54
La cosa invece che mi ha colpito negativamente, e su cui mi piacerebbe sentire l'opinione tua e del gruppo, riguarda il fatto che dalla ricerca risulta che la competenza informatica sia stata acquisita da parte dei segretari attraverso autoformazione per il 96%. E' quasi il totale del campione. Merito ovviamente ai dirigenti autoformatisi.
C'è un modo di verificare la qualità di questa autoformazione? (oltre, ovviamente, a quella della formazione...)
Flavia Marzano

Flavia Marzano18/12/2008 - 01:02
Provo a rispondere sia a Ernesto che a Marcello. La competenza informatica è stata acquisita in autoformazione da "quel" gruppo di segretari che non è altamente rappresentativo (andate a leggere la ricrca e vedrete che non è un campione statistico). Che cosa intendiamo per "competenza informatica"? Nel contesto pubblico ci sono diverse figure: 1. il decisore (non deve essere un grande utente, quanto avere una grande capacità di visione, deve "sapere") 2. il tecnico (deve sporcarsi le mani con il software, deve "saper fare") 3. l'utente "qualunque" (deve saper utilizzare gli strumenti di cui dispone) Non penserete mica che serva l'ECDL per la PA vero? :-)
Marieva Favoino

Marieva Favoino 16/12/2008 - 19:58
reduce da una rilettura approfondita del CAD e dalla scoperta che anche il legislatore, si comporta come se il Codice non esistesse (v. Decreto del Ministero della Giustizia 17 luglio 2008 che trattando di firma digitale fa ancora riferimento al D. Lgs. n. 10/2002 ....non più vigente perchè abrogato dal CAD!), invoco provocatoriamente quanto segue: - formazione dei (nuovi) cittadini e - quindi - applicazione 'bottom driven' attraverso dosi massiccie di e-inclusion orientata a fare 'massa critica' (gli screenager stanno arrivando agli sportelliiiiiiii), - lavaggio del cervello ai tanti CED che ancora fanno (o a cui ancora fanno fare) della 'manutenzione della rete interna' il loro obiettivo strategico - istituzione e reale empowerment di 'uffici partecipazione' che abbiano come missione anche il raggiungimento della semplificazione procedurale attraverso l'avvio 'serio' della digitalizzazione dei documenti amministrativi (a volte creare ex lege un ufficio.... sposta il baricentro... la storia degli urp insegna). attendo tuoi e altri commenti