Barcamp #InnovatoriPA 2013: Trasparenza e Open data
letto 3205 volte • pubblicato il 01/07/2013 - 17:46 nel blog di Gianfranco Andriola, in Open Government, Barcamp "InnovatoriPA"
Il post che segue è l’ultimo di una serie di report di commento ai tavoli del Barcamp Innovatori PA 2013 che si è svolto a ForumPA mercoledì 29 maggio 2013. Hanno preceduto questo post i report dedicati ai tavoli Partecipaizone, Comunicaizone Pubblica, Qualità dei siti web della pubblica amministrazione, Formazione nella PA.
“Affamare la bestia”
L’evocativo Starve the beast, letteralmente “affamare la bestia”, è il nome della strategia politico-amministrativa che il Governo Regan impose all’amministrazione americana agli inizi degli anni ottanta. Alla base, l’idea che qualunque organizzazione (o soggetto) trovandosi di fronte a una sostanziale riduzione della proprie risorse no possa fare a meno di ingegnarsi finendo per generare innovazione. Starve the beast torna in mente guardando il sottotitolo del Barcamp Innovatori di quest’anno: Innovare in una PA che deve fare di più spendendo di meno. Quali saranno gli strumenti di cui la PA si dovrà dotare per affrontare le sfide dei prossimi anni? Quali i metodi da adottate per rispondere al momento critico con un rilancio che generi novo valore? Come faremo a saziare la bestia? Abbiamo provato a rispondere a queste e ad altre domande proprio durante questa quinta edizione del Barcamp Innovatori tenutasi a Forum PA di quest’anno.

Trasparenza come prodotto
Sin dall’inizio della discussione si ha subito la sensazione che questo sia un momento storico per il tema della trasparenza amministrativa, due gli elementi principali che confermano questa prima impressione: da un lato il forte impulso che le politiche di open governemt stanno dando alla progettazione di iniziative pubbliche; dall’altro i vincoli normativi che sempre più di frequente il legislatore pone alla PA per la gestione delle proprie attività. Tra questi ultimi il più rilevante è sicuramente il Decreto Trasparenza (ovvero: Decreto n. 33 del 14 marzo 2013 - Riordino Della Disciplina Riguardante Gli Obblighi Di Pubblicità, Trasparenza E Diffusione Di Informazioni Da Parte Delle Pubbliche Amministrazioni [link al pdf realizzato da eLex]), che si pone il compito di riordinare i fondamentali obblighi di pubblicazione fin ora dispersi su diversi riferimenti normativi e stratificati nel corso degli anni e, contestualmente, di uniformare gli obblighi e le modalità di pubblicazione (soprattutto sul web) per tutte le pubbliche amministrazioni e per gli enti controllati. Di fronte a un impegno così consistente che, oltre a riguardare ogni singola PA italiana, segna una linea di demarcazione forte tra la trasparenza amministrativa da “tempi della carta” a quella che è necessario adottare oggi, fatta di web e tecnologie dell’informazione. Sono molte le questioni, le ambiguità e le opportunità che emergono ad un tavolo di discussione composto da persone che si stanno già confrontando con gli adempimenti richiesti dal Decreto Trasparenza, riassunte di seguito elenchiamo le principali:
- Standard: Per una attuazione davvero efficace è necessario vengano pubblicate al più presto le regole tecniche che armonizzino i metadati di esposizione delle informazioni richieste dal Decreto Trasparenza, il rischio è che ogni ente si muova in maniera indipendente dagli altri annullando di fatto le potenzialità delle economie di scala di cui potrebbe beneficiare sia la società civile che gli stessi organismi di controllo dell’attuazione del decreto (Civit su tutti).
- Grimaldello di una nuova trasparenza: una buona parte delle resistenze nell’attuazione reale delle politiche dei trasparenza è spesso una questione culturale. Nella maggior parte dei casi sono le stesse organizzazioni che dovrebbero favorire la trasparenza ad essere il principale ostacolo alla trasparenza stessa. Su questo punto in particolare il Decreto Trasparenza con i suoi obblighi di pubblicazioni, le sue sanzioni per le PA inadempienti e i meccanismi di vigilanza che presiederanno la sua attuazione che rappresenta una opportunità che non può essere mancata.
- Superare la logica del “mero adempimento”:uno dei momenti più significativi tracciati dal Decreto è sicuramente la stesura/aggiornamento del Piano triennale della trasparenza visto come disegno di una vera e proprio strategia del modo in cui un ente si andrà a rapportare con la società civile. Ed è proprio per questo che la stessa società civile deve essere coinvolta durante tutto il triennio a cui fa riferimento il piano: sin da subito, nella fase di progettazione attraverso il coinvolgimento degli stakeholders (Associazioni di categoria, Gruppi di interesse territorieli, ecc) nella definizione di obiettivi e modalità di attuazione; che durante, attraverso – ad esempio – iniziative come Monithon (crasi di “maratona di monitoraggio") di OpenCoesione, piattaforma di monitoraggio civico indipendente dei progetti finanziati con le politiche europee e in particolare dalle politiche di coesione in Italia, basata sulla disponibilità di dati aperti visti in questa logica come vera e proprio “materia prima” su cui far base per abilitare nuove forme di trasparenza partecipata.
- Intervista a Enzo Lo Piccolo: di seguito l’intervista fatta proprio durante il Barcamp Innovatori dove Enzo Lo Piccolo della Regione Siciliana fa un raccordo tra Decreto trasparenza e open data
Open data e gli intermediari della conoscenza
Partito, almeno qui in Italia, come argomento di nicchia per addetti ai lavori (ne parlavamo per la prima volta qui si Innovatori nel 2010, proprio in un Post-post Barcamp come questo), il tema dei dati aperti ha acquisito negli ultimi anni una consistenza di tutto rispetto. Sul fronte nazionale sono almeno due gli episodi che dimostrano che l’open data sia oggi un tema di conclamata rilevanza: i) open data by default: 19 marzo 2013 tutti i dati e documenti che le pubbliche amministrazioni pubblicano con qualsiasi modalità, senza l’espressa adozione di una licenza d’uso, si intendono rilasciati come dati aperti; ii) la diponibilità dei dati rilasciati in fomentato aperto dalla PA italiane nell’ultimo anno è più che triplicata, passando dai 3.000 dataset aperti del giugno 2012 agli attuali 7.000. Il Governo italiano è ugualmente coinvolto a livello internazionale, ardendo - sin dallo scorso anno - ai principi dell'Open Government Declaration; e sottoscrivendo insieme agli altri 7 paesi del G8 la Carta dei Dati Aperti, documento di forte importanza strategica per la valorizzazione e il riuso del patrimonio informativo pubblico. Partendo da queste considerazioni la discussione al tavolo del barcamp ha provato a ragionare su quello che può venire dopo, cioè su come aumentare la qualità dei dati una volta aperti:
- Vincere l’asimmetria informativa: che il gap tra chi detiene l’informazione (la PA nel caso dei dati aperti) e chi li deve leggere e riusare (cittadine e imprese, sempre ne nostro caso) non possa fare a meno di esistere è un dato di fatto più o meno incontrovertibile, però una volta consapevoli del problema sono molti i provvedimenti che possono essere adottati per ridurre la “distanza informativa”. Innanzi tutto raccontare i dati attraverso momenti formativi dedicati, come avviene nel corso delle Data Journalism School dell’Istat, che proprio in questi giorni giungono alla loro terza edizione; poi avvicinare il pubblico di non specialisti attraverso visualizzazioni accattivanti e di immediata comprensione, come già da un po’ sta facendo la Regione Campania a proposito del Programma Operativo Regionale 2007 - 2013; e in fine coinvolgere le scuole (medie e licei), appassionando gli studenti al tema facendoli diventare produttori e consumatori di open data.
- Non c’è Open Government senza una solida base di eGovernment: parlando di open data spesso non si pensa a quanto l’esposizione dei dati in formato aperto sia solo l’ultimo di passaggi di una filiera che parte dalla dematerializza zione dei procedimenti e delle trasmissione informative. Diventa molto faticoso, quasi impossibile, parlare quindi di open data senza che “dietro” ci sia uno sforzo organizzativo volto a dematerializzare le informazioni. Citando Giovanni Menduni del Comune di Firenze “i dati devono essere Born to be free, devono nascere liberi. Il fatto stesso che dovranno essere esposti e fruibili deve essere inerente alla loro stessa produzione”
- Chi mi riusa? Altro fase che aspetto che non può essere sottovalutato è tutto quello che avviene ai dati aperti di un ente pubblico una volta pubblicati online. Avviare una costante e ben pianificata attività di monitoraggio sui dataset deve diventare una parte essenziale di ogni percorso di apertura del patrimonio informativo della PA.
- Intervista a Nicola Olivieri: di seguito l’intervista fatta proprio durante il Barcamp Innovatori dove Nicola Olivieri della Regione Campania racconta l’esperienza di apertura dei dati del POR FESR 2017 -2013
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