Anti-corruzione o Pro-integrità?

letto 2634 voltepubblicato il 15/05/2014 - 06:57 nel blog di Massimo Di Rienzo, in Comunicazione Pubblica, ETICA, Integrità, Open Government

Le recenti vicende dell'EXPO milanese che ci hanno riportato ai ne-fasti di Tangentopoli colgono impreparati ben pochi di coloro che operano a favore di una profonda innovazione e verso una maggiore integrità dell'amministrazione pubblica e della politica italiana.

Per bocca del suo neo-Presidente Raffaele Cantone, l'ANAC afferma che "...il compito dell’Autorità non è scoprire la corruzione... La scoperta della corruzione la fanno i magistrati e i poliziotti, non l’Autorità anticorruzione, che serve a verificare se gli obblighi previsti dalla legge per la prevenzione della corruzione siano stati rispettati o meno”. Occorre, a mio avviso, capire bene cosa si intende con questa dichiarazione che è certamente realista ma che può apparire a molti giustamente fuorviante.

Il Piano Nazionale Anticorruzione, il documento previsto dalla legge 190/2012 che mira ad assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale, stabilisce tre obiettivi strategici:

  • ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione; 
  • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;
  • creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

Pertanto le Istituzioni (come l'ANAC ma non solo) sono chiamate a sorvegliare che questi obiettivi vengano effettivamente raggiunti attraverso un puntuale controllo sugli strumenti e sulla capacità di coordinamento che le amministrazioni metteranno in atto attraverso i propri Piani Triennali. 

"Ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione" significa, sostanzialmente, agire sull'organizzazione per attenuare i rischi corruttivi, dotarsi di strategie credibili, professionali, realizzabili.

Quando si parla di "aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione" si fa riferimento ad una "capacità organizzativa" che tecnicamente è la cosiddetta "trasparenza interna" e, cioè, il controllo attuato dagli stessi dipendenti sui dipendenti o quello a cui si riferiva l'architetto inglese del diciottesimo secolo Jeremy Bentham con la famosa locuzione "Più attentamente saremo osservati, meglio ci comporteremo". Si tratta della trasparenza come controllo che si realizza attraverso la possibilità, ad esempio, per i dipendenti di essere protetti nei casi in cui decidano di segnalare comportamenti illeciti (tutela del whistleblower). Anche in questo caso, si tratta di soluzioni organizzative che devono essere rivolte alla "prevenzione" dell'illecito piuttosto che alla "repressione".

Ancora più esplicitamente, il terzo obiettivo "creare un contesto sfavorevole alla corruzione", di medio-lungo periodo, nulla ha a che fare con strumenti investigativi o repressivi, quanto piuttosto con il rafforzamento del cosiddetto "spazio etico" dei dipendenti pubblici. Come abbiamo cercato di spiegare nei webinar "", il rafforzamento dello spazio etico si realizza, soprattutto, con lo strumento della formazione "valoriale".   

Per il resto, si facciano leggi che prevedono inasprimenti di pena e/o nuove (e vecchie) fattispecie di illecito e si lasci alla magistratura il compito di applicarle con rigore. Prevenzione e repressione sono due cose molto diverse ma l'una senza l'altra non ci permettono di muovere nemmeno un passo nella lotta alla corruzione.

Pertanto l'Autorità Nazionale Anticorruzione forse dovrebbe più correttamente chiamarsi Autorità Nazionale per la Prevenzione della Corruzione. Il prefisso "Anti" in Anti-corruzione lascerebbe intendere un'attività di contrasto e di repressione che nulla hanno a che fare né con i compiti dell'Autorità né con le sue effettive possibilità di azione. Così come occorrerebbe andarci molto cauti nel coinvolgere l'Autorità o chi la rappresenta in compiti di gestione di "affari pubblici".

E bisognerebbe agire sulla vera innovazione che, a nostro avviso, è costituita da un approccio a questi temi assai meno burocratico e formalistico, meno "adempitivo" e più culturale. In questo, riteniamo cruciale concentrarci sul terzo obiettivo che mira proprio a rafforzare l'integrità delle persone all'interno dell'organizzazione. E allora, perché no, in futuro l'ANAC potrebbe diventare Autorità Nazionale per la Promozione dell'Integrità risolvendo definitivamente l'equivoco terminologico?

Al di là dei giochi di parole, il problema è che se si affronta la lotta alla corruzione pensando di non includere le persone e la loro dimensione etica e valoriale non andremo molto lontano. Se non saremo in grado di selezionare, rafforzare e valorizzare le persone "migliori" (integrità) a nulla ci servirà controllarne l'operato (trasparenza).