Piano privatizzazioni da 4 miliardi nel 2014
L’Italia ha risposto ai rilievi e ai timori di Bruxelles: il Governo ha reso disponibili 4,5 miliardi di euro per correggere il deficit strutturale 2015 ed evitare «a ogni costo» il rischio di entrare nel quarto anno consecutivo di recessione. Il pacchetto di misure, pari allo 0,3% del PIL, è illustrato in una lettera inviata il 27 ottobre dal Ministro dell’Economia Padoan al commissario europeo per gli Affari economici, Jyrki Katainen.
Tra le misure che saranno applicabili, volevo soffermarmi sulle privatizzazioni. Il ministro ha confermato alla Commissione europea la determinazione ad andare avanti nel processo di privatizzazioni e ha quantificato il valore delle dismissioni da realizzare in un ammontare pari allo 0,7% del Pil in media ogni anno, aggiungendo che «alcuni ritardi, dovuti in alcuni casi alle condizioni dei mercati, saranno recuperati nei prossimi mesi con l'obiettivo di raggiungere pienamente gli effetti programmati sul debito a partire dal 2015». Entro il 2014, tra cessioni dirette e indirette, dovrebbero essere incamerati circa 4 miliardi, attraverso tre operazioni importanti.
La prima è rappresentata dalla vendita della rete elettrica delle Ferrovie dello Stato a Tema, per un incasso di circa 1 miliardo. La plusvalenza porterebbe a una riduzione dei trasferimenti del Tesoro alle ferrovie, con un netto risparmio per le finanze pubbliche. La seconda è costituita dalla quotazione della società delle torri di trasmissione della Rai, Rai Way, per la quale si stima un’Ipo sul 40-49% del capitale e proventi per circa 400 milioni. Si ipotizza anche di collocare sul mercato entro fine anno il 5-6% di Enel per un controvalore di circa 2,5 miliardi. Queste due ultime operazioni, però, sono subordinate alle condizioni dei mercati.
Nel 2015 il programma di privatizzazioni spazia dalla quotazione delle Poste, alla quotazione o vendita diretta del 49% di Enav, alla cessione delle Ferrovie. Ulteriori misure concernono, inoltre, il perfezionamento della vendita del 35% di Cdp Reti; il passaggio del 15% di StM dal Tesoro al Fondo strategico; la vendita del patrimonio immobiliare demaniale, degli enti locali e delle partecipate degli enti locali.
E’ sempre più chiaro, pure a livello internazionale, che le misure di spending review devono diventare strutturali anche ai fini del taglio del debito pubblico.
- Blog di Rita Pastore
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2 commenti
Le privatizzazioni degli anni '90
Nonostante i propositi, le privatizzazioni potranno tuttavia alleviare solo leggermente il carico del nostro debito pubblico. Vale, a questo proposito, il confronto con la stagione delle privatizzazioni degli anni '90.
Come analizzato dalla Corte dei Conti nel 2010 ["Obiettivi e risultati delle operazioni di privatizzazione di partecipazioni pubbliche"], fu una stagione che portò l'Italia al secondo posto, dopo il Giappone, in una speciale classifica globale, sia considerando come punto di partenza la delibera Cipe che ne sancì l'avvio alla fine 1992 (generando 93 operazioni per 119 miliardi sino al 2010) sia guardando al censimento del c.d. "barometro delle privatizzazioni! per il periodo 1985-2007 (152 miliardi).
Un processo che fu di "portata storica", ma - come è oramai ampiamente accertato - non scevro da criticità. Se nel complesso riuscì sostanzialmente a conseguire gli obiettivi di lungo termine previsti, si manifestarono - secondo la Corte dei Conti - gravi carenze nelle modalità e negli alti costi, pari a 2,2 miliardi, pagati a contractors e consulenti. Oneri per i quali "sono state rilevate anche significative e non compiutamente spiegate incongruenze nelle contabilizzazioni". Per esempio "notevoli ritardi" nei versamenti al fondo ammortamenti dei titoli di stato che ne hanno consentito "un temporaneo utilizzo per soddisfare esigenze di liquidità del tesoro oltre che per ottimizzare la gestione operativa del debito".
Quanto alle modalità con sui sono state realizzate le operazioni di privatizzazione, la Corte dei Conti evidenziò numerose rilevanti criticità, tra cui il già citato elevato livello dei costi sostenuti e il loro incerto monitoraggio; la scarsa trasparenza connaturata ad alcune delle procedure utilizzate in una serie di operazioni; la scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità fra amministrazione, contractors ed organismi di consulenza; il non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito.
Tra tutti, soprattutto l'ultimo punto è stato assai grave. In sostanza, si dice che le privatizzazioni sono state utilizzate verosimilmente per nutrire una spesa corrente non sostenibile (o investimenti non produttivi) piuttosto che per ridurre il debito. Si è così alimentato un costo cumulato permanente che - a conti fatti - potrebbe addirittura ribaltare i benefici di cassa a suo tempo ottenuti...
L'augurio, ovviamente, è che le sia pur comparativamente esigue privatizzazioni che ci attendono possano andare incontro ad un destino più favorevole....
Un percorso non privo di difficoltà
Da quello che emerge sia dal Documento di economia e Finanza sia dalla risposta del Ministro Padoan inviata a Bruxelles, sembra che il dossier “privatizzazioni” vada avanti, in mezzo a tante difficoltà. Si parla di 11,2 miliardi all’anno fino al 2017, contro gli 8 miliardi fino al 2016 previsti dal Governo di Enrico Letta. Un target ulteriormente complicato dal fatto che gran parte delle operazioni concluse negli ultimi anni (come Sace, Fintecna, Simest, Terna, Snam) hanno visto come protagonista la Cassa Depositi e Prestiti, mentre quelle che non la prevedevano hanno spesso subito rallentamenti.
Comunque, secondo le stime fatte, gli incassi delle privatizzazioni dovrebbero portare nel 2014 circa 1,5 miliardi di euro (650 milioni da Stm, 300 milioni da RaiWay, 500 milioni dagli immobili), nel 2015 circa 5 miliardi (Poste ed Enav), nei tempi possibili da Fs altri 3 miliardi. Si tratta di 9,5 miliardi, che vanno quasi a completare il piano previsto dal Governo dal 2014 al 2017.
E’ bene ricordare, però che si tratta pur sempre di stime, e restano tali almeno finché le operazioni non saranno completate e i proventi incassati.