La legge 190/2012 alla prova dello scandalo di Mafia Capitale

letto 4078 voltepubblicato il 08/12/2014 - 21:08 nel blog di Massimo Di Rienzo, in Comunicazione Pubblica, ETICA, Integrità, Open Government

 

In un Paese normale non ci si dovrebbe scandalizzare se emergono fatti di corruzione.

A leggere il Piano Nazionale Anticorruzione, anzi, l'emersione di casi di corruzione sarebbe sintomo di una "aumentata capacità di scoprire casi di corruzione", così come stabilisce il secondo obiettivo strategico e, cioè, di una maggiore "abilità" delle amministrazioni di osservare con conoscenza e qualità ciò che succede al proprio interno, in un'ottica di prevenzione.

Purtroppo, però, a Roma non è andata proprio così. Anzi, sotto indagine è finito proprio il Responsabile della Prevenzione della Corruzione, cioè colui che tale strategia doveva elaborare e perseguire, sintomo che la collusione aveva ormai superato ogni argine di contenimento. Del resto molti, diversamente dagli esponenti politici nostrani, lo avevano intuito.

Ma la brutta storia di Roma ha impietosamente messo a nudo tutti i limiti della legge 190/2012 per la quale è giunto il momento di un necessario aggiornamento sia sul piano repressivo che sul piano preventivo.

Per quanto concerne la prevenzione, per prima cosa, è piuttosto evidente come sia del tutto inconciliabile con le esigenze di una seria strategia anticorruzione che la nomina del Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC) permanga una attività di cui sia titolare esclusivo l'organo di indirizzo politico dell'amministrazione. La corruzione italiana, come è ampiamente dimostrato dai fatti romani, è, soprattutto, un fenomeno di "asservimento" della funzione politica e amministrativa a interessi illeciti, pertanto occorre operare in modo tale da "sganciare" le funzioni di indirizzo politico-amministrativo (in cui si annida la corruzione) dalle funzioni di controllo (come per l'appunto l'anticorruzione).

Nello specifico, il comma 7 dell'articolo 1 della legge 190 stabilisce, infatti, che: "A tal fine (ai fini, cioè, della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, NDR), l'organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione".

Come può il RPC prevenire e contrastare efficacemente l'eventuale condotta illecita dell'organo di indirizzo politico se è da quest'ultimo individuato e a quest'ultimo risponde?

Ci troviamo, per effetto di questa bizzarra formulazione normativa, nel paradossale caso per il quale le amministrazioni già sane (perchè guidate da una politica non collusa) effettivamente hanno potuto mettere in campo serie strategie anticorruzione, mentre amministrazioni colluse (come è successo a Roma) che avrebbero maggior bisogno di prevenzione e contrasto della corruzione, di fatto non hanno potuto contare su RPC liberi da condizionamenti perchè di diretta nomina politica.

Per questo sarebbe opportuno rafforzare il ruolo e la funzione del RPC attraverso una individuazione terza rispetto agli organi di indirizzo politico. Chissà cosa sarebbe successo, ad esempio a Roma, se il RPC fosse stato individuato direttamente dall'ANAC e avesse dovuto rispondere direttamente a Cantone (effettivamente, in molti articoli giornalistici si dava quasi per scontato che il RPC romano rispondesse a Cantone, ma così non era; egli, piuttosto, rispondeva al Sindaco Marino).

Secondo punto. Anche se si sono fatti evidenti progressi in merito all'istituto del Whistleblowing attraverso, ad esempio, la possibilità di inviare direttamente all'ANAC le segnalazioni (a proposito, siamo in attesa da parte di ANAC della Delibera che stabilirà le procedure di segnalazione), permangono molti elementi di debolezza. Per fare un solo esempio, occorre, a mio avviso, provvedere a ridisegnare la tutela del segnalante, modificando profondamente la previsione contenuta nel comma 51 della legge 190 e, cioè: "2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non puo' essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato". Questa disposizione esclude, infatti, la tutela della riservatezza del segnalante nel caso in cui la segnalazione sia l'unica fonte di prova. Questo compromette evidentemente l'operatività dell'istituto. Infatti, se so che ci sarà la possibilità che chi gestisce la mia segnalazione dovrà rivelare la mia identità sarò portato a non segnalare. Prima di tutto la tutela della risevatezza del segnalante e poi la tutela dell'incolpato. A leggere tali disposizioni normative, invece, sembrerebbe che la difesa dei delinquenti venga prima della difesa dell'interesse pubblico.

Sul tema del Whistleblowing ci sono molti altri significativi aggiornamenti da prendere in considerazione, partendo dal presupposto che questa è LA MISURA di prevenzione in assoluto potenzialmente più dirompente in ottica preventiva. Non è difficile, basta esprimere la volontà politica di proteggere seriamente chi rischia la propria professionalità e, talvolta, la propria vita per tutelare l'interesse pubblico.

In generale l'attuazione della 190 è stata vissuta come l'ennesimo adempimento (carta da produrre) da parte delle amministrazioni che si sono per lo più concentrate sugli aspetti maggiormente "tecnicistici" come, ad esempio, la gestione del rischio, che, peraltro, ha evidenziato ulteriori problemi di logica applicativa (l'analisi del rischio è stata per lo più affidata ai soggetti che dovrebbero essere oggetto di controllo, perpetuando il paradosso di cui sopra).

La 190 offriva, invece, la possibilità di dare avvio ad un profondo dibattito interno al settore pubblico sull'etica e la promozione della legalità, ma solo poche amministrazioni hanno saputo cogliere questa occasione.

Speriamo che la "morte politica e amministrativa" della nostra Capitale non sia stata invano.

7 commenti

patrizia ingannamorte

patrizia ingannamorte11/12/2014 - 12:16

Solo il titolo da me scelto, mi porta ad immagini di svariate mappe da far coincidere, integrare.... e non solo concettuali.

Il caso mafia capitale ha portato molti di noi che lavorano nella pubblica amministrazione forse a "forzare" un passo avanti, tentando sempre di più di stringere i tempi e passare dalla teoria alla pratica.

condivido le vostre osservazioni e porto l'esperienza personale e il conflitto che quotidianamente vivo nella mia amministrazione in quanto incaricata come funzionario di coordinare e monitorare, da due anni e in maniera più specifica dall'entrata in vigore del 33/13, le corrette pubblicazioni nel rispetto dello stesso decreto.

Va da sè che occuparsi del decreto 33, vuol dire occuparsi o quantomeno conoscere la legge anticorruzione, i piani nazionali, verificare e comparare i piani redatti dall'amministrazione di appartenenza, seguire integrazioni e modifiche, seguire gli orientamenti dell'ANAC, porre attenzione all'AgidPA e così via oltre tutti i legittimi ed interessanti dibattiti e la partecipazione sui temi che ci riguardano, per non parlare dell'aggiornamento e formazione del personale per il quale, nel mio caso specifico, l'Amministrazione non dimostra un serio ed adeguato interesse, a questo punto, nel rispettare la legge. La formazione ha avuto un avvio ma poi è stata bloccata.(mah!)

Concordo con Laura Strano quanto può essere reale affidare la responsabilità ad un dipendente/funzionario selezionato dall'Anac e ancor di più, in questa dimensione di difficile controllo chè sappiamo non è solo mafiacapitale, in quanto Anac chiederei ai funzionari di candidarsi volontariamente alla selezione. La figura incaricata riveste ufficialmente "l'istituto del whislteblowing". Il macro sistema non sarà mai smontato all'apice se non si lavora a smontare il sistema della "mala amministrazione" incancrenito nei micro sistemi.

Come posso, unico funzionario incaricato a seguire la materia Trasparenza, obbligare l'ente, l'amministrazione e il "Responsabile anticorruzione e trasparenza" a rispettare nei contenuti, nelle modalità, nei tempi, tutto il processo di cambiamento (cioè le leggi) se le comunicazioni, segnalazioni, relazioni, rapporti, restano senza ritorno, muti?    Si dovrebbe istituire  un gruppo di lavoro interno dedicato alle politiche anticorruzione e trasparenza. Più figure competenti che si occupino del coordinamento e del monitoraggio di tutti i processi di cambiamento, che si occupino della comunicazione, della promozione alla partecipazione, che si occupino anche della formazione interna, in itinere, a costo 0. Chi istituisce il gruppo di lavoro dedicato?

La riflessione e l'attenzione va anche verso l'organo di controllo scelto e nominato dall'ente, il nucleo di valutazione ( o OIV). La validazione del nucleo di controllo è assolutamente sterile. Basta la presenza una tantum e apporre delle crocette o un si o un no per validare? Non si usano più relazioni dettagliate, analisi, criticità, segnalazioni?

E' ancora possibile che chi deve essere controllato controlla i controllori?

Cos'altro dire quando ancor prima del decreto 33/13 l'amministrazione non si preoccupa di istituire il famoso ormai dimenticato Comitato unico di garanzia?

L'ultima, ma non per questo meno grave, è la totale non curanza dei cittadini. Non curanza vuol dire non solo non rispettare la legge ma non curare la comunicazione a nessun livello, non rapportarsi in maniera corretta e per l'appunto trasparente con i cittadini. Vuol dire non avere cura della propria comunità

Certo in questi tempi le amministrazioni alzano le braccia, ormai giustificati dalla legge 56/14,  dai reali tagli, dall'incertezza nell'immediato futuro della gestione dei servizi ai cittadini e del personale preposto.

L'applicazione dell'art.5 del descreto 33? l'amministrazione risponde: un giorno si vedrà.

Concordo con Massimo che la 190 ci ha dato l'opportunità di dibattere e speriamo che quel che resta della democrazia, lo permetta ancora. La politica dovrebbe non solo garantire tutele ma dovrebbe trovare il coraggio di agire in maniera trasversale, incidere maggiormente sulla comunicazione pubblica. L'Anac potrebbe entrare, arrivare maggiormente nelle sedi amministrative, comunicare con tutti, dirigenti e dipendenti, attivare richieste specifiche per le quali, se non tutti, molti potrebbero partecipare e beneficiare. Forse si potrebbe contribuire a rompere quella solitudine in cui, da decenni, sono stati lasciati i dipendenti e, in alcuni casi le stesse amministrazioni. Forse tutti si esporrebbero un pò di più a   partecipare!  ed anche a capire meglio in quale precisa e tutelata maniera partecipare!

Laura Strano

Laura Strano09/12/2014 - 23:59 (aggiornato 09/12/2014 - 23:59)

 

La tutela di chi denuncia deve essere garantita ai massimi livelli, concordo con Massimo Di Rienzo. Chi denuncia si assume la responsabilità non solo di quello che dice ma anche delle sicure ritorsioni  nell'ambiente di lavoro.

Purtroppo chi non lavora nella pubblica amministrazione, mi dispiace dirlo, ma non può avere neanche la minima idea di quello che accade ...  e le ritorsioni avvengono sia che si dica il falso ma anche nel caso si denuncino episodi veri. L'accusato ingiustamente si difenderà e potrà sporgere querela, quindi non occupiamoci di lui per favore perchè è un rischio che bisogna correre e fra i due mi sembra che sia quello che pesi meno sulla collettività.  Ma magari i dipendenti cominciassero a scrivere! Siamo molto lontani da questo, lontanissimi.

L'istituto se non viene ampliata la tutela a livello legislativo, con tutte le cautele del caso per carità, non decollerà MAI  nè ci possiamo aspettare che lo incentivi o lo disciplini il singolo Ente come ha fatto Cuneo ... perchè state certi che là dove ce n'è bisogno, in quell'Ente dove l'unico modo per far emergere la corruzione potrebbe essere questo, il Responsabile Anticorruzione si guarderà bene dal prevedere una procedura ad hoc,   ..... non lo farà mai, perchè è lui il primo ad essere corrotto e quindi il sistema si ritorcerebbe tutto contro di lui.

Sono dipendente pubblica ma mi occupo di amministrazioni pubbliche anche come dirigente sindacale e ho tanti, ma tanti e tanti di quegli esempi concreti  .. che comincio a perdere la speranza ...e quando si parla di corruzione non si può parlare più di reato penale perchè la stessa Corte dei Conti ha ampliato il concetto ricomprendendo nel termine tutti gli episodi di malaffare.

Non è corruzione quella del dipendente che predispone un bando inserendo clausolette ad hoc per favorire la cooperativa che in cambio gli assumerà la nipote? Non è corruzione quella del dipendente che omette di controllare la corretta esecuzione dell'appalto perchè nell'impresa lavora il figlio del collega di stanza che così gli ricambia il favore? O che continua a prorogare oltre ogni limite pur di mantenere la stessa impresa?

Non  è corruzione quella del Responsabile dell' Anticorruzione che conferisce un incarico a soggetto debitore verso l'Ente di svariati milioni, senza pubblicare l'incarico,  e quando il dipendente segnala l'anomalia gli viene revocato il procedimento?

Non è corruzione quella del Dirigente che chiede all'utenza tariffe non dovute e prive di qualsiasi fondamento giuridico perchè deve fare cassa sull'utenza perchè "tanto l'utente la normativa non la conosce ...."?

Non è corruzione quella del Dirigente che nelle valutazioni del dipendente favorisce i suoi "fidati " e decurta salario accessorio ai dipendenti "scomodi" senza motivazione perchè tanto c'è sempre il giudice per chi ha la possibilità di ricorrere e pagare i legali ..?

O quella dell'economo che acquista la carta sempre dallo stesso fornitore? O quella del dirigente che per la certificazione della potabilità dell'acqua si rivolge al laboratorio della moglie del consigliere?  E quella dell'addetto alla manutenzione che utilizza la ditta aggiudicataria per  lavoretti a casa propria ? Altro che reato penale, qui le fattispecie sono centinaia  e sono anche queste che vanno combattute con una legislazione adeguata e chara che preveda sanzioni , ulteriori incompatibilità e maggiore trasparenza, perchè son questi gli episodi che creano disservizi e infangano il nome di tutti quei dipendenti onesti che lottano ogni giorno per cercare che le cose cambino ... 

 

 

 

 

Nazzareno Prinzivalli

Nazzareno Prinzivalli09/12/2014 - 11:37

Non sono d'accordo su questo passaggio: "Prima di tutto la tutela della risevatezza del segnalante e poi la tutela dell'incolpato. A leggere tali disposizioni normative, invece, sembrerebbe che la difesa dei delinquenti venga prima della difesa dell'interesse pubblico.". E spiego perchè.
1) perchè non è detto che il segnalante sia nell'assoluta giustezza delle proprie dichiarazioni (a prescindere se ciò possa avvenire per colpa o dolo) e, pertanto, non è per nulla automatico che l'incolpato sia, ipse facto, un delinquente come afferma, erroneamente a mio avviso, il pur ottimo Di Rienzo;
2) perchè la tutela del segnalante non la si realizza col mantenimento di un anonimato sempre a rischio -> si nota, infatti, una stretta analogia col sistema dei pentiti che cambiano identità e che, alcune volte, sono stati rintracciati;
3) perchè se vogliamo che questo paese evolva dobbiamo agire per cambiarne la cultura dominante che, nella fattispecie, deve passare dalla pavida omertà alla trasparente assunzione di responsabilità condivisa e protetta dalla stragrande maggioranza dei cittadini italiani.
 

Massimo Di Rienzo

Massimo Di Rienzo09/12/2014 - 20:09

Ti rispondo, caro Nazzareno, sui punti che metti sotto osservazione.

L'enfasi con cui ho voluto sottolineare questo passaggio (sicuramente eccessiva) era per sottolineare come, a mio avviso, la tutela della riservatezza del segnalante, ancorchè non garantisca il mantenimento tout-court dell'anonimato, è una specie di pre-condizione per rendere operativo l'istituto. Per ampliare tale tutela è stato opportunamente aperto un canale di ricezione delle segnalazioni anche da ANAC. Ancora, per scongiurare segnalazioni vaghe e poco circostanziate, alcune amministrazioni hanno lavorato su modelli di segnalazione sempre più raffinati in maniera da disincentivare la cultura del sospetto e orientare a segnalare solo in occasione di evidenti condotte illecite (o potenzialmente tali). Alcune amministrazioni si stanno organizzando, prevedendo di utilizzare le segnalazioni solo come "avvio" di indagini interne, in modo tale da fondare l'accusa su prove diverse dalla segnalazione, scongiurando così la possibilità di dover rivelare l'identità del segnalante. Interpretazioni che mostrano, a mio avviso, buon senso. 

Le segnalazioni, infine, non sono anonime (bensì "riservate") e questo disincentiva di per se condotte diffamatorie. Nei casi più avanzati, dove, cioè, sono state adottate delle specifiche Policy di WB, le segnalazioni cosiddette "manifestamente opportunistiche" vengono esplicitamente perseguite.  Di seguito, un estratto della della ASL di Cuneo 1:

8. RESPONSABILITA’ DEL WHISTLEBLOWER. La presente procedura lascia impregiudicata la responsabilità penale e disciplinare del whistleblower nell’ipotesi di segnalazione calunniosa o diffamatoria ai sensi del codice penale e dell’art. 2043 del codice civile. Sono altresì fonte di responsabilità, in sede disciplinare e nelle altre competenti sedi, eventuali forme di abuso della presente policy, quali le segnalazioni manifestamente opportunistiche e/o effettuate al solo scopo di danneggiare il denunciato o altri soggetti, e ogni altra ipotesi di utilizzo improprio o di intenzionale strumentalizzazione dell’istituto oggetto della presente procedura. 

La tutela della riservatezza è, ovviamente, solo un modo per prevenire forme di ritorsione nei confronti di chi segnala, nella consapevolezza che i dipendenti pubblici sono ancora piuttosto "impreparati" a metterci la faccia pubblicamente (il tuo auspicio all'assunzione di una piena responsabilità è anche il mio auspicio, ma ora non credo che siamo in questa situazione, le implicazioni sulla vita professionale e personale di chi segnala sono ancora troppo pesanti). Così come non sono preparate le amministrazioni a gestire il dissenso e la conflittualità che viene innescata da una segnalazione che spesso viene presa come un attacco all'immagine dell'Ente e all'operato degli amministratori. Osserviamo, ad esempio, i metodi, anche sofisticati, attraverso cui il contesto messo sotto segnalazione si "vendica" del segnalatore. Su tutti, il caso del Comandante della Polizia Locale che mi è stato segnalato dall'ottimo Simone Chiarelli e che ho sintetizzato in questo su Riparte il Futuro.

Oggi a Bruxelles, in occasione della giornata mondiale contro la corruzione, Leonardo Ferrante (promotore per Libera della campagna Riparte il Futuro) afferma con forza che la priorità è difendere chi segnala. "In tempi di Mafia Capitale emerge quanto la corruzione e la criminalità organizzata agiscano in modo invisibile e quanto sia difficile portare allo scoperto questi episodi prima che sia troppo tardi", dice a Repubblica.it Leonardo Ferrante, responsabile scientifico di Riparte il futuro. La soluzione è tutelare e difendere i cittadini che scelgono di opporsi. Per questo, in Italia e in Europa, "è fondamentale difendere chi segnala la corruzione: ecco perché in occasione di questo 9 dicembre siamo qui a Bruxelles per chiedere al Parlamento europeo di proteggere davvero i cittadini onesti che fanno la loro parte contro l'illegalità: i whistleblower - "gli informatori" - sono fondamentali per anticipare la corruzione e i suoi effetti devastanti".

Più di tutto, emerge la consapevolezza che per rendere efficace questo istituto occorra conoscenza delle regole, creatività, competenza relazionale e capacità di esercitare la leadership da parte dei RPC (oltre a buon senso da vendere per non far diventare l'amministrazione una sorta di Stato di Polizia). E qui torniamo al punto di partenza di questo post. Chi individua gli RPC? E a chi devono rispondere? 

 

 

giuseppe vella

giuseppe vella09/12/2014 - 09:38

Quanti oggi in Italia conoscono la legge 190/2012 e quanti associano il malaffare alla mancanza di trasparenza?

Quanto spazio danno i cosiddetti talk show al problema della trasparenza?

Il discorso, tra facebook ed altri social, è chiuso tra pochi volenterosi.

Se si potessero contare le istanze di accesso ai dati e le richieste di trasparenza ci renderemmo conto che per calcolarle basterebbe il pallottoliere.

Ho lavorato per circa 10 anni in un CoReCo, con funzione di controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti locali, ho avuto la fortuna di lavorare in un ambiente sano ed un reale controllo veniva svolto. 

E' stato un bene eliminare del tutto il controllo o era necessario solo eliminare la politicizzazione dei CoReCo?

Laura Strano pone un problema condivisibile: la terzietà, rispetto ad amministratori e dirigenti nominati dagli stessi, del responsabile anticorruzione. 

E' il cittadino che deve porre il problema della terzietà del responsabile anticorruzione o era il legislatore a dover legiferare con maggiore attenzione?

Il rapporto amministratori/dirigenti nato dal dlgs 165/2001 (indirizzo politico da un lato e gestione affidata a chi viene scelto sempre dal politico) è miscela esplosiva che non poteva dare risultati diversi.

Quanlcuno veramente crede che Roma è un fatto isolato?

Siamo seri, se ci fosse la reale volontà, la spinta politica e la giusta reazione popolare dovremmo avere una nuova e più estesa tangentopoli. 

Il quesito che mi pongo e che vi pongo è: se a Craxi è succeduto Berlusconi chi succederà a quest'ultimo?

Come mai le stesse forze politiche (lega e AN) che volevano la forca per i tangentisti anni 90, una volta al potere hanno fatto di peggio? 

La parte sana del paese è difficile che prevarrà con un popolo ormai assuefatto al malaffare. 

Simone Chiarelli

Simone Chiarelli09/12/2014 - 07:42 (aggiornato 09/12/2014 - 07:42)

C'è corruzione e corruzione. Secondo me occorre comprendere quelli che sono i "limiti fisiologici" degli strumenti normativi di carattere amministrativo (L. 190 ma prima ancora L. 241) verso situazioni quali quelle che emergono nell'ambito di .

Non sarà un Responsabile della Prevenzione nè un sistema di whistleblowing a consentire l'emergere dei fenomeni che tutti stiamo seguendo in TV ed in rete. Senza intercettazioni, arresti, pedinamenti, perquisizioni ed altri strumenti di investigazione avanzata come può emergere il legame (addiritttura di stampo mafioso, secondo l'accusa) fra politica, tecnica e malaffare?

Il diritto amministrativo può dare un supporto nel medio-lungo periodo migliorando gli strumenti a disposizione, o quantomeno NON PEGGIORANDOLI.

Una delle prime misure del Governo Renzi è stata la modifica dell'art. 110 per far passare dal 5 al 30% la percentuale di dirigenti a contratto (addirittura nella proposta iniziale con possibilità di nomina di personale anche non laureato). Come emerge anche dall'indagine di REPORT () forse questo "strumento" può essere utilizzato anche per finalità "non nobili".

Ed anche la creazione di una struttura amministrativa "cucita" su CANTONE non può rappresentare la risposta "organica" per questi fenomeni. Del resto EXPO, MOSE, MAFIACAPITALE sono emerse tramite l'azione degli inquirenti e non tramite i canali "amministrativi".

 

C'è corruzione e corruzione. La 190 è utile, ma nel medio-LUNGO periodo .... ma solo se (e questo è il grosso problema italiano), si assiste ad un parallelo processo di radicale trasformazione della mentalità italiana nei rapporti fra cittadino e PA (sia dalla parte della PA che del cittadino). Rif: 

 

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Art. 110. Incarichi a contratto

1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad. accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell' incarico.
(comma così sostituito dall'art. 11, comma 1, legge n. 114 del 2014)

2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.
(comma così modificato dall'art. 51, comma 9, legge n. 388 del 2000)

3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.

4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.

5. Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell’incarico di cui all’articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.
(comma così sostituito dall'art. 11, comma 1, legge n. 114 del 2014)

6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.

Laura Strano

Laura Strano08/12/2014 - 22:58

Il Responsabile del Piano a mio avviso dovrebbe essere un dipendente, non appartenente alla dirigenza, ma scelto fra i funzionari in possesso di adeguata competenza, selezionato direttamente da ANAC sulla base di istanze motivate e curriculum. So che sarebbe molto gravoso per ANAC, ma non può essere un dirigente dell'Ente, nè può essere selezionato dalla politica o da altro dirigente interno. In un ente dove ci sono uno, due o tre dirigenti come accade nei Comuni di piccole dimensioni, o dove è responsabile il Segretario,  basta che siano in accordo fra di loro o che redigano un piano della corruzione inutile e ce ne sono tanti e tutti gli obiettivi e le misure anticorruzione vengono vanificate.

 La corruzione si annida e prolifera soprattutto per cattiva amministrazione della dirigenza sia direttamente che indirettamente, perchè in ogni caso ove si pongono in essere atti e comportamenti che rientrano nelle fattispecie corruttive in senso lato, intese anche come cattiva amministrazione, c'è quasi sempre se non una complicità comunque un' omissione di controllo e quest'ultimo è di competenza specifica della dirigenza.  

Nè si può pensare a un terzo estraneo all'amministrazione perchè ovviamente sarebbe all'oscuro di quello che accade non conoscendo le dinamiche interne e i vari soggetti.

L'unico modo è a mio avviso affidare gli adempimenti a un funzionario interno che si occupi esclusivamente di questo compito, ma che non deve essere scelto dalla dirigenza ma selezionato direttamente da ANAC , e così i dirigenti non sarebbero esclusi, sennò è inutile che si continui a discutere.  Roma non è l'unico caso. E' il caso che emerge. Ci sono Responsabili dei Piani indagati ...chi li controlla? Ci sono Enti in cui il Responsabile si avvale di referenti interni che dovrebbero essere pure controllati e  nemmeno i nomi di questi ultimi vengono pubblicati perchè, mi è stato risposto personalmente da un segretario, non c'è una norma che lo prevede ....

Non dovrebbero ad esempio, fra l'altro, i Responsabili della corruzione  pubblicare sul sito web un' autocertificazione in cui dichiarino che non hanno procedimenti in corso, e cause di incompatibilità? Mi pare il minimo ...