Per una sana ossessione per la consapevolezza digitale

letto 1672 voltepubblicato il 13/02/2015 - 09:11 nel blog di Nello Iacono, in Cultura digitale

Analisi recenti indicano l’Italia come uno dei Paesi con maggiore “indice di ignoranza”, e più esposto ai pericoli della propagazione della disinformazione, uno dei principali trend secondo il World Economic Forum.

In mancanza dell’antidoto principale, la consapevolezza digitale che deriva dalle competenze informativa e dalle competenze digitali, lo sviluppo auspicato di Internet rischia di non migliorare la situazione, anzi di accentuare i gap non solo sull'accesso ma anche sulla qualità stessa dell'informazione, base per formarsi un'opinione e per decidere. Con conseguenze significative anche sulla possibilità di produrre reali e profondi cambiamenti.

Rispetto all’analfabetismo del dopoguerra il fenomeno di oggi dell’analfabetismo digitale e informativo è molto più profondo (perché affonda le radici nell’analfabetismo funzionale) e ampio (perché riguarda anche i giovani scolarizzati) e non si risolve con un recupero una tantum come ai tempi del maestro Manzi.

L’alfabetizzazione digitale e informativa ha bisogno di presìdi e risorse permanenti per tutte le fasce di età. Presìdi e risorse che oggi non esistono, o sono insufficienti. Così come professionalità di accompagnamento e supporto (facilitatori digitali) che oggi sono presenti solo sperimentalmente e solo in alcune città, e che potrebbero diffondersi sul territorio (come biblioteche, uffici postali, uffici comunali, centri anziani, scuole aperte, ..) e anche online (con la predisposizione di risorse/siti di orientamento). Certamente partendo anche da una scuola che esca fuori dal mito dei “nativi digitali” e preveda lo sviluppo delle competenze digitali e informative degli studenti come competenze di base e non accessorie. Sviluppo di competenze che può essere anche sostenuto da iniziative sempre più ampie di raccolta e gestione dei feedback, in cui le comunità sono chiamate a collaborare a sistemi di fact-checking coordinati da reti di specialisti (vediemergent.info, attivissimo.net, bufale.net). Sistemi che si stanno sviluppando e che alimentano e sostengono la cultura critica, ma che a loro volta hanno bisogno di uno sviluppo effettivo delle competenze informative, perché il circolo virtuoso possa innescarsi.

Per combattere la disinformazione digitale non c’è che un percorso principale: elevare le competenze digitali, realizzare una forte focalizzazione di questa che è una delle priorità maggiori che il Paese deve perseguire. Per questa ragione il carattere degli interventi deve essere profondo. Credo che questa sia una vera “emergenza nazionale”, tanto più grave quanto più viene sottovalutata. Non credo che possa essere affrontata senza interventi pubblici. E senza interventi organici e di sistema il deficit non può che aumentare, e così i pericoli della disinformazione che ne sono connessi.

È così che la consapevolezza digitale deve diventare l’ossessione di tutti gli attori istituzionali, di tutto il sistema educativo, sapendo che il percorso è lungo e complesso, e che non c’è vantaggio a minimizzare le difficoltà dell’impresa e a sopravvalutare le singole tappe. Perché siamo in un periodo in cui la mancanza di consapevolezza rende fragili i processi di valutazione, di critica, di condivisione, di partecipazione. Rende fragile la società, la democrazia stessa.

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