Il DEF 2015, la Spending review, lo sviluppo, i processi di riforma: quanti problemi e possibilità (e non da poco)!

letto 1994 voltepubblicato il 14/04/2015 - 12:14 nel blog di Maria Fiore, in Osservatorio Spending Review

Il Documento di Economia e Finanza 2015 (DEF) è stato approvato il 10 aprile dal Consiglio dei Ministri; segue la trasmissione in Parlamento e l’invio entro il 30 aprile delle due sezioni di cui si compone (Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma - PNR) al Consiglio dell’Unione Europea e alla Commissione europea. Ed ovviamente in questi giorni i dibattiti sulle possibilità che si aprono per la politica economica e per la Spending review sono aperti e vivaci, ma dovremo attendere per le scelte politiche.

Quello che però già si profila è un uso delle risorse considerate disponibili* associato direttamente agli interventi a sostegno della domanda, piuttosto che a ridurre parzialmente i tagli agli sprechi, alla spesa ed ai servizi che dovranno essere ulteriormente effettuati. E i tagli, come sottolinea a il consigliere di Renzi, Roberto Perotti (proveniente da Lavoce.info), non saranno sempre indolori o neutri e richiederanno tempi diversificati e non sempre brevi di realizzazione. Insomma, i tagli agli sprechi sono necessari e positivi per la collettività (oggi il rischio è che saltino le clausole di salvaguardia ed aumenti l’IVA), ma toccano sempre qualcuno.

E questo mi  riporta, per un verso, al dibattito sugli impatti della Spending review avviato in un del nostro Osservatorio di Donatella Imparato. Per l’altro, mi fa riflettere sul fatto che il modello italiano di analisi e revisione della spesa (nel caso se ne possa già parlare viste le difficoltà incontrate da tutti i commissari alla Spending review succedutisi negli ultimi anni e con vari governi) si colloca tra quelli esistenti in ambito internazionale che l’Ocse definisce “strategici” in un’analisi del 2011 (es.: Australia, "Comprehensive expenditure review" e "Strategic review"  - 2007 -; Canada, "Program Review – 1994 -, "Strategic review"; Olanda, "Interdepartmental policy reviews"; Giappone, " Spendind Review" – 2007 -; Regno Unito, " Spending Review" – dal 1998 ad oggi -) e non tra quelli solo “funzionali” (es.: Finlandia "Productivity Programme" 2005-15).* Ciò nel senso che gli obiettivi perseguiti non si limitano alla ricerca dell’efficienza, ma operano anche valutazioni e quindi scelte “strategiche” sull’allocazione delle risorse e sulla crescita economico-sociale. Il modello scelto individua le aree di intervento prioritarie per l'esecutivo, portando ad una riallocazione di risorse tra programmi e/o ad un ridimensionamento della spesa pubblica aggregata.

“Sostenere la ripresa economica evitando aumenti del prelievo fiscale e allo stesso tempo rilanciando gli investimenti; avviare il debito pubblico (in rapporto al PIL) su un percorso di riduzione, consolidando così la fiducia del mercati e riducendo la spesa per interessi; favorire gli investimenti e le iniziative per consentire un deciso recupero dell’occupazione nel prossimo triennio”. Questi gli obiettivi della politica di bilancio del governo sintetizzati sul sito MEF , sito su cui vengono riportate anche le ultime interviste del ministro Padoan.

"Margini per eliminare sprechi ce ne sono eccome, la revisione della spesa è viva e vegeta. Siccome le cifre obiettivo sono quelle note da tempo, bisogna fare ancora molti sforzi, che noi riteniamo importanti e utili per migliorare l'efficienza pubblica"

Il Governo si impegna ad assicurare ulteriori interventi di revisione della spesa e altri risparmi pari a complessivi 0,6 punti percentuali di PIL nel 2016. Tali ulteriori riduzioni di spesa saranno utilizzati per alleggerire la pressione fiscale, anche attraverso la disattivazione delle clausole di salvaguardia a garanzia del raggiungimento degli obiettivi di bilancio poste dalla Legge di Stabilità 2015 e 2014. Le principali misure che saranno attuate sono le seguenti:

  • Per gli enti locali proseguirà il processo di efficientamento già avviato nella Legge di Stabilità 2015 attraverso l’utilizzo dei costi e fabbisogni standard per le singole amministrazioni e la pubblicazione di dati di performance e dei costi delle singole amministrazioni. La conoscenza dei dati è basilare in questo percorso, come in quello legato alla centralizzazione degli acquisti (ndr).
  • In tema di partecipate locali saranno attuati, a valle della valutazione dei piani di razionalizzazione degli Enti locali, interventi legislativi volti a migliorarne l’efficienza, con particolare attenzione ai settori del trasporto pubblico locale e alla raccolta rifiuti, che soffrono di gravi e crescenti criticità di servizio e di costo. Gli interventi sulle partecipate andrebbero fatti caso per caso (V. Perotti)
  • Le priorità per le Amministrazioni centrali saranno volte, tra l’altro, ad una revisione approfondita dei capitoli di spesa verificandone l’utilità; alla riorganizzazione delle strutture periferiche dello Stato, creando un nuovo modello di servizio più efficiente ed efficace. Un elemento importante sarà la razionalizzazione degli immobili utilizzati dalle amministrazioni, in attuazione al decreto legge n. 66/2014.
  • Sarà completato il processo di razionalizzazione delle stazioni appaltanti e delle centrali d’acquisto per gli acquisti della PA.
  • Per quanto riguarda la struttura del sistema tributario sarà data piena attuazione alla Legge di delega fiscale, con particolare attenzione alla creazione di un sistema di tracciabilità telematica delle transazioni commerciali, anche al fine di recuperare perdite di gettito (tax gap), e alla razionalizzazione delle tax expenditure.
  • Gli incentivi alle imprese subiranno una puntuale ricognizione per una successiva razionalizzazione.
  • Si proseguirà con la riduzione dei costi della politica, anche se qui decide il Parlamento.

 

C’è poi un altro punto di discussione su cui mi soffermo. Ci si chiede se sia pensabile o più efficace calare dall’alto la Spending review e, con essa in generale i processi di riforma della PA, o concordarla con i singoli soggetti coinvolti in un’ottica di governance. Forse non esistono risposte univoche, ma mi viene da pensare, ad esempio, al nostro , ai processi di informatizzazione, ai risultati conseguiti da anni attraverso l’e public procurement, la centralizzazione degli acquisti, così come alla ricerca di una migliore e più efficiente azione amministrativa perseguita attraverso il miglioramento della performance, della programmazione e dei controlli interni ed esterni, preventivi, in itinere e successivi. Si tratta di processi diversi, che possono dar luogo a risultati positivi ma anche a fallimenti o distorsioni, quindi, “da maneggiare con cura” per dirla con Roberto Formato. Che presuppongono un cambio di mentalità e che meritano di essere seriamente e decisamente accompagnati nella loro implementazione, tanto più quando toccano direttamente esigenze ed interessi dei privati e non solo della PA (come nel caso dell’obbligo di fatturazione elettronica e dello sviluppo dell’informatizzazione degli acquisti pubblici, degli appalti). Senza considerare gli aspetti legati alla legalità ed alla sicurezza!!

 

* Il tesoretto da 1,6 miliardi di euro deriva dalla differenza fra il deficit tendenziale, il 2,5% del Pil, e quello programmatico dell’anno in corso, il 2,6% del Pil. Le stime macroeconomiche del governo sono infatti state riviste al rialzo, in virtù di quello che Palazzo Chigi ha definito “un quadro macro favorevole all’Italia e all’eurozona”.

** V. Servizio del bilancio del Senato “”, febbr. 2012 n. 57

3 commenti

Maria Fiore

Maria Fiore21/05/2015 - 12:31 (aggiornato 21/05/2015 - 12:31)

Credo sia ormai noto a tutti che il famoso “tesoretto” di cui al DEF pari a 2 miliardi e 180 milioni, sarà possibile rimborsare 3,7 milioni di pensionati. Si tratta solo di una parte solo iniziale dei costi della recente sentenza della Corte Costituzionale sulla rivalutazione monetaria delle pensioni. Una parte probabilmente iniziale in quanto il governo ha deciso per ora solo di pagare una quota di tale rivalutazione per le pensioni da 3 a 6 volte superiori al minimo (fino a 3.200 euro lordi mensili).

Il ministro Padoan, in , ha affermato che per il 2012-13 il decreto pensioni riconosce "la rivalutazione del 40%" per gli assegni tra 3 e 4 volte il minimo, del 20% per quelli tra 4 e 5 volte il minimo e del 10% per quelli tra 5 e 6 volte il minimo. Per il 2014-15 sarà rimborsato "il 20%" di quanto previsto per il biennio precedente.

L'impatto della sentenza della Consulta comporterebbe "nel 2015 una spesa aggiuntiva di competenza pari a circa 17,6 miliardi al netto degli effetti fiscali ed un incremento non sostenibile della spesa per pensioni nel 2015 e negli anni seguenti".

Gli oneri "sarebbero stati contabilizzati nell'anno in corso" e il deficit/Pil nel 2015 sarebbe aumentato "dal 2,5% previsto dal recente Def al 3,6%". Dal 2016 le pensioni, interessate dal blocco Monti-Fornero bocciato dalla Consulta, avranno un aumento strutturale, pari "al 50% di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013". Su questo montante si applicherà l'indicizzazione Letta.

I limiti ai rimborsi introdotti con il decreto pensioni rispondono "a una impostazione solidaristica sia intra-generazionale sia intergenerazionale, in presenza di vincoli di bilancio stringenti", sottolineando che rimborsare il rimborso totale "si rifletterebbe negativamente sulla pressione fiscale e sulla fornitura di servizi pubblici e trasferimenti, inclusi quelli alle generazioni più giovani".

Secondo il presidente del Consiglio il governo intende consentire alla parte di popolazione che vorrebbe farlo di andare in pensione con un po’ più di flessibilità accettando una piccola riduzione della prestazione.

Anche l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, intervistato a Radio anch’io, è intervenuto sulla questione. “La spesa per pensioni in Italia è pari al 16,5 per cento del Pil, la più alta tra paesi avanzati. … Alla luce della sentenza della Consulta occorrerebbe un provvedimento ben disegnato per evitare problemi legali futuri". Soprattutto bisognerebbe commensurare le pensioni ai contributi. 

Cottarelli ha ricordato tra l'altro che in un paese come il Giappone la spesa pensionistica pesa per l'11,12 per cento del Pil. In Italia, nella spesa pensionistica, ha spiegato, rientrano alcune voci "che in altri paesi viene catalogata come spesa per assistenza". Queste voci contano per 2 punti percentuali di Pil, ha sottolineato, "se si tolgono questi resta comunque un peso molto elevato che toglie spazio ad altre spese". In Italia, ha quindi ricordato, la spesa pensionistica è più elevata sia "per la struttura della popolazione, che è più anziana, e poi anche perche in passato le pensioni erano più elevate dei contributi effettivamente pagati".    

Quanto alle misure prese dal governo dopo la decisione della Corte Costituzionale sulle pensioni, Cottarelli ha detto che il loro impatto "sarà limitato: il Governo ha infatti confermato gli obiettivi di deficit precedenti alla decisione della Consulta". *

Molti e diversi i commenti e le valutazioni sulla stampa, in televisione e sul web e molti i punti di contatto anche con altri temi trattati nel nostro Osservatorio. In tal senso, mi piace rimandare i lettori alle ultime puntate di e di (in particolare all’intervista a Tito Boeri) e ad un interessante (giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale) pubblicato sul Corriere della Sera del 15 maggio. Le considerazioni del prof. Cassese sulla sentenza, sul ruolo della Corte, sul modo in cui ha agito nel caso specifico e sulle possibilità alternative a sua disposizione mi sembrano interessanti quanto decise e nel contempo equilibrate.

D’altra parte, noto come da più parti si sottolinei che in realtà la sentenza non vieti in assoluto il blocco delle indicizzazioni, ma sancisca il principio di gradualità per garantire il rispetto dell’art. 81 Cost. e cioè per evitare violazioni degli equilibri di bilancio.

E sottolineo, anche qui riprendendo considerazioni abbastanza diffuse, come ci siano più variabili in gioco da considerare e, tra queste non solo i problemi di reperimento delle risorse, ma anche le questioni di equità intergenerazionale, ovvero nello specifico la tutela dei diritti garantiti dei pensionati e dei diritti delle generazioni che non potranno raggiungere tali prestazioni e per i pochi contributi versati e per l’adozione del sistema contributivo, quanto meno come esigenza di conoscenze certe e di tutela di quanto versato. segnala che sul sito dell’Inps oggi è possibile simulare il calcolo delle pensioni future in base ai contributi versati per tutte le categorie di lavoratori, anche precari. Ma segnala anche altre notizie di interesse, ad esempio che l’indicizzazione delle pensioni è ovviamente maggiore per quelle che partono da un a base più elevata; che le pensioni verranno pagate al 1° del mese. Dichiara, inoltre, di essere favorevole ad un sistema che preveda una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro ed all’introduzione del reddito minimo garantito (come misura di lotta alla povertà, anche per i possibili impatti positivi sui consumi), già presente in molti paesi, e non del reddito di cittadinanza, in quanto misura universale al momento non sostenibile.

Altro spunto interessante che mi riporta anche alle considerazioni fatte da : come viene valutato il peso in termini di voto dei giovani e dei pensionati? Un conflitto intergenerazionale c’è senza dubbio nella scelta delle politiche pubbliche ed un impatto in termini di voto. Ma forse non è assoluto se si verificasse un notevole peso nel supporto fornito da molti nonni o genitori pensionati alle giovani (e non tanto giovani) generazioni che non trovano lavoro o che non hanno un reddito sufficiente.

 

Sempre a proposito di spending review e di riduzione dei compensi dei manager delle società pubbliche, ricordo che il ministro Padoan è intervenuto al . Tra l'altro fa affermato che "La riduzione della spesa resta al centro della strategia del governo. … Il governo si è impegnato a migliorare i saldi di bilancio per 0,6 punti di Pil e si conferma l'impegno sulla razionalizzazione della spesa nelle aree indicate nel Def, salvaguardando i settori trainanti per la crescita: investimenti pubblici, ricerca e sviluppo".

“La spending review avviata nel 2014 e tratteggiata nella legge stabilità 2015 andrà avanti coinvolgendo gli enti locali, dove proseguirà il processo di efficientamento, di adozione dei costi e dei fabbisogni standard, la pubblicazione dei dati di performance e dei costi delle singole amministrazioni e le partecipate locali, con piani di razionalizzazione a partire dal trasporto pubblico locale e dalla raccolta rifiuti".

La revisione della spesa, ha proseguito, toccherà anche le amministrazioni centrali, con una revisione approfondita dei capitoli di spesa, verificandone puntualmente l'utilità, con una riorganizzazione delle strutture periferiche dello Stato in termini di efficienza e di efficacia, con la razionalizzazione degli immobili. Sarà completato il processo di razionalizzazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di acquisto della PA. Sarà data completa attuazione alla legge di delega fiscale con particolare attenzione alla creazione di un sistema di tracciabilità telematica delle transazioni. Saranno analizzate e razionalizzate le tax expenditures (ovvero le deduzioni, detrazioni ed esenzioni che riducono il carico fiscale per il cittadino o per le imprese,) e, ha concluso, sarà portata avanti una ricognizione e una razionalizzazione degli incentivi alle imprese. **

Infine, conclude, le riforme istituzionali - tra cui quella relativa al bilancio dello Stato - permetteranno la completa integrazione sia della spending review sia delle analisi delle agevolazioni di bilancio nella sessione annuale del bilancio medesimo.

 

** Per ulteriori approfondimenti v. Lavoce.info e le altre pagine dell’Osservatorio sui temi in oggetto.

Maria Fiore

Maria Fiore23/04/2015 - 15:04 (aggiornato 23/04/2015 - 15:04)

Segnalo questo interessante di Lorenzo Codogno pubblicato ieri su IlSole24Ore.

Maria Fiore

Maria Fiore22/04/2015 - 10:07 (aggiornato 22/04/2015 - 10:07)

Le Commissioni Bilancio di Senato e Camera, in seduta congiunta, hanno svolto alcune audizioni preliminari sul DEF. Lunedì 20 aprile sono intervenuti i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria, R.ete. Imprese italia, Confapi, Alleanza cooperative italiane, Anci, Upi, Uncem, Conferenza regioni e province autonome, Abi, Ance e Confedilizia. Martedì 21 è stata la volta dei rappresentanti dell'Ufficio parlamentare di bilancio, di Banca d'italia, Corte dei conti, Istat, Cnel. Il ciclo di audizioni si è concluso con l'intervento del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan. Il voto in Aula sul DEF 2015 avrà luogo nel pomeriggio di giovedì 23 aprile.

E, come prevedibile, nel corso delle audizioni del 21 si è discusso del “tesoretto” di 1,6 mld, del fatto di ritenerlo già acquisito e delle differenti preferibili destinazioni. L'Ufficio parlamentare di bilancio ritiene “prematuro usare 1,6 miliardi reputandoli già acquisiti"; più morbida ma anche cauta la posizione di Bankitalia: "Meglio destinarlo a riequilibrare i conti"; di diversa opinione la Corte dei Conti "Bene la spinta alla crescita".

Padoan, conferma che la revisione della spesa è “la leva primaria” per la riallocazione delle risorse e che il Governo intende “approfittare al meglio della finestra di opportunità resa possibile dal quadro macroeconomico”.

 

Per maggiori informazioni vedi la rassegna stampa di