Premi dirigenziali, riforma delle province ed accorpamento PRA – Motorizzazione civile. Tentativi di spending review, ricerca di efficienza e di efficacia delle funzioni.
Da Report del 19 aprile 2015
Segnalo la puntata di Report del 19 aprile soprattutto per i due temi centrali trattati: il sistema premiale della dirigenza della PA statale e locale e la riforma delle province in relazione alla spending review ed alle funzioni essenziali e non (che le regioni decideranno di delegare) dei costituendi enti di area vasta (EAV) e delle città metropolitane.
In Italia 48.000 dirigenti ricevono complessivamente premi di risultato per 800 mln/euro annui (35.000 euro in media). E gli indicatori di risultato, in alcuni casi davvero assurdi, risultano spesso facili da raggiungere, spesso legati all’attività di routine e di difficile connessione con i risultati, i servizi finali resi, tanto meno quelli esterni, a volte non coordinati con la direzione generale; soprattutto non è previsto alcun riscontro esterno e/o di gradimento dell’utenza. La valutazione è tutta interna ed a cascata ed i risultati li raggiungono praticamente tutti. “I premi di risultato, legati ad una modalità più o meno consociativa di contrattazione tra PA e sindacati, sono diventati troppo spesso sostanzialmente una componente del salario accessorio dovuto” sostiene il presidente della regione Piemonte Chiamparino. La dirigenza italiana risulta tra le più pagate e premiate in Europa mentre, ad esempio, nel mondo anglosassone in media 1 dirigente su 4 raggiunge il premio di risultato. Il che porta a dire che si stanno sprecando 600 mln/euro. E’ anche vero in molti casi le risorse disponibili non consentono a molte amministrazioni centrali e locali di svolgere funzioni essenziali o i relativi controlli e che ciò tocca il tema sia dei risultati sia della responsabilità dirigenziale; ma i premi?
A fronte di ciò, la riforma delle province in atto ha portato per ora ad un risparmio di 110 mln/euro che incide in misura pari all’1% sul bilancio dello stato. I bilanci di molte province sono o potrebbero andare in deficit con rischi elevati relativamente a funzioni fondamentali per i cittadini, il lavoro e lo sviluppo del territorio e per la stessa spending review. Ma le risorse sono sufficienti per il momento, dicono dal centro.
In generale, i nuovi presidenti di provincia (di solito il sindaco del comune capoluogo o di un altro centro del territorio) ed i consiglieri svolgono le loro funzioni a titolo gratuito. Nel caso dei piccoli comuni, anche i sindaci percepiscono indennità che portano alla necessità di svolgere un altro lavoro.
Interessanti anche le posizioni di alcune dei politici intervistati, tra cui il presidente della regione Piemonte (relativamente al tema del lavoro pubblico e della valutazione), il sottosegretario alla presidenza del consiglio Delrio ed alcuni presidenti di provincia (”In Italia non siamo abituati a fare riforme che funzionino, nel senso che passiamo da un eccesso all’altro … probabilmente scardinando una struttura senza averne una nuova” sostiene il presidente della provincia di Massa Carrara, sindaco di Pontignoso e medico dell’ASL). Si può parlare di stipendi per i sindaci delle città medio-grandi – presidenti di provincia, ma con un carico di lavoro senza dubbio aumentato. Il ministro Delrio, intervistato poco prima della nomina al ministero delle Infrastrutture, afferma ”… abbiamo risparmiato 110 mln … ma non so fino a quando potrà durare così perché un po’ di rimborsi almeno questi sindaci se li meriterebbero”. Tanto più che le responsabilità, nel caso delle città metropolitane ad esempio, sono tali che in quella di Milano hanno già deciso nello statuto di ripristinare l’elezione del Consiglio, nonostante i costi.
“Le nuove agenzie sono state pensate molto forti dal punto di vista tecnico e molto leggere dal punto di vista politico. Le nuove province non possono essere uguali alle vecchie, altrimenti i conti non tornano mai” continua Delrio.
In attesa del riordino delle province, questa è la situazione; permangono almeno le funzioni relative alla manutenzione d strade, scuole e ambiente (non poco neppure sotto l’aspetto dei costi) con le risorse che provengono essenzialmente da RC auto e immatricolazioni, risorse che incassa prima lo stato e che da 5 anni vengono trasferite in misura sempre più ridotta alle province. I trasferimenti allo stato toccano percentuali elevate che rischiano di produrre squilibri nei bilanci. “A regime, alla fine del periodo di tagli – 3,180 mld/euro nel triennio 2015/2017 secondo dati UPI -, quello che le province devono fare – dice sostanzialmente Delrio – lo devono fare con risorse proprie … Se le entrate superano le uscite il delta deve far parte di un processo complessivo … se al contrario per le funzioni essenziali non dispongono di risorse sufficienti devono chiedere al governo perché i servizi ai cittadini non possono essere toccati”. “Lo faranno meglio … Stiamo chiarificando chi fa cosa … stiamo andando verso un paese in cui chi si prende delle responsabilità le esercita … in cui lo stato e le regioni sono seri nei confronti dei comuni”.
“Le risorse disponibili non sono affatto sufficienti a garantire la manutenzione, i controlli e la sicurezza delle strade” afferma un dirigente alla viabilità della provincia di Pesaro e Urbino. E la ricostruzione delle strade, quando necessaria, costa molto più della manutenzione programmata. Poi c’è il problema del blocco del turn over. Le scuole pubbliche, in più di un caso ed in contesti “forse non tra i più poveri – ndr -” come Pesaro o Bologna, utilizzano i contributi volontari delle famiglie per ampliare l’offerta formativa.
Secondo Delrio e secondo i dati elaborati da Sose, società del ministero dell’Economia e delle Finanze, i 4 miliardi di entrate proprie sono sufficienti a finanziare le funzioni gestionali essenziali, almeno strade e scuole. Anzi in alcune province avanzano e potrebbero servire ad aiutare quelle più povere. “Il sistema è sostanzialmente in equilibrio per il 2015 e per lo stesso periodo i tagli possono essere applicati”, sostiene l’amministratore delegato di Sose, Brunello, “Sinora si è lavorato sulla base dei dati 2015 … Ora stiamo cominciando ad andare presso le amministrazioni”. “Per poter continuare nel 2016 bisognerà andare avanti decisamente con la riorganizzazione del personale e con l’intervento delle regioni” afferma Delrio. Ovvero con una riduzione del personale del 50% e con le regioni che, però al momento, stentano a riprendersi le vecchie funzioni da loro trasferite alle province (gestione rifiuti, assistenza disabili, formazione professionale, centri per l’impiego, protezione civile, biblioteche e musei, turismo, pianificazione industriale) perché non hanno le risorse. Ad oggi solo la regione Toscana risulta operativa in tale direzione. La regione Piemonte, per riuscire a gestirle, ha deciso di accorpare le province in 4 aree vaste che dovrebbero operare essenzialmente attraverso convenzioni ed utilizzerà il personale ex provinciale (in realtà ex regionale già trasferito alle province) che rimarrà dopo la riorganizzazione per le funzioni che deciderà di delegare.
Il tentativo di fondo è quello di far passare il criterio dei costi e dei fabbisogni standard per rendere più efficienti le amministrazioni e, tenuto conto della capacità fiscale, di rimodulare trasferimenti perequativi e tagli.
Formez PA, a sua volta, sta svolgendo attività di supporto alle amministrazioni provinciali ed alle città metropolitane nella redazione del piano di riassetto organizzativo, economico, finanziario e patrimoniale di cui alla L. 190/2014, art. 1, c. 423. sulla base dei dati Sose e nella riallocazione del personale in sovrannumero sulla base delle richieste delle amministrazioni destinatarie. Quest’ultima metterà a disposizione le informazioni e collaborerà nell’elaborazione dei dati necessari alla redazione del piano. Formez PA ha il compito di fornire assistenza sia in presenza che a distanza, di realizzare webinar di approfondimento anche sulla base di richieste avanzate dalle amministrazioni, promuoverà la costituzione di una comunità di pratiche. Successivamente, il programma di assistenza per la seconda fase di redazione del piano di riassetto sarà articolato a livello territoriale e definito d’intesa con le amministrazioni già nel corso della prima fase.
Il piano ha due scopi fondamentali: a. fornire un quadro di analisi delle funzioni degli enti di area vasta b. verificare le condizioni finanziarie, economiche, organizzative e tecniche per assolvere adeguatamente le funzioni medesime all’interno delle singole amministrazioni. E’ un atto di pianificazione generale straordinario di sturtup, con portata pluriennale che si integra con gli altri strumenti di programmazione; un processo (da sviluppare nel medio periodo) ed uno strumento (da redigere e rendere operativo) in progress, suscettibile di modifiche e aggiornamenti, secondo le fasi di attuazione della riforma stessa, con particolare riguardo alle leggi di riordino regionali. (per saperne di più: http://eventipa.formez.it/taxonomy/term/1667)
Segnalo, infine, il servizio relativo al processo di accorpamento PRA(ACI, ministero del Turismo) – Motorizzazione Civile (ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) ed all’unificazione del libretto di circolazione auto e del certificato di proprietà, documenti che contengono gli stessi dati, processi mai realizzati proposti a livello istituzionale dal 2000 quando Bersani era ai vertici del ministero dei Trasporti.
A dicembre 2013, un emendamento alla legge di stabilità firmato dal deputato Ettore Rosato (Pd) stabiliva che "su proposta del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti sono adottate misure volte all'unificazione in un unico archivio telematico nazionale dei dati (…) attualmente inseriti nel pubblico registro automobilistico e nell'archivio nazionale dei veicoli". Dall’approvazione della legge ad oggi la riforma non è ancora stata realizzata. Ad aprile 2014, Renzi ha inserito il progetto in un piano più ampio di riorganizzazione della pubblica amministrazione, il cosiddetto sforbicia Italia. A giugno, si è parlato dell’archivio unico dei veicoli sotto l’egida del ministero delle Infrastrutture in una bozza di decreto che prevedeva anche l’abolizione del superbollo e dell’ Ipt (l’imposta provinciale di trascrizione per i passaggi di proprietà), e l’istituzione della nuova imposta regionale di immatricolazione. In un’altra bozza, poi, si era prospettata la completa abolizione del Pra a partire da luglio 2017. Cottarelli ha provato a far entrare nella legge di stabilità 2015 il progetto stimando un risparmio di 60 milioni almeno, ma l’articolo poi è stato stralciato. A gennaio lo si è introdotto nel ddl Madia di riorganizzazione della PA. Ora il vice ministro alle Infrastrutture e Trasporti Nencini ritiene di poter chiudere per giugno. Il progetto di unificazione dei due archivi in capo al ministero dei Trasporti, come prospettato, non dovrebbe prevedere riduzione di personale, ma l’Aci ci rimetterebbe di certo. Per contro, continuano ad aumentare i costi per chi possiede un veicolo, senza contare che resterà in vigore anche l’imposta provinciale di trascrizione.
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